Ordine di arresto per Leopoldo Lòpez e l’ex ambasciatore di origine italiana Fernando Gerbasi

CARACAS – Stando a indiscrezioni, e a voci di corridoio sempre più insistenti, dopo le proteste violente di ieri, nel corso delle quali sono morti tre manifestanti, feriti oltre un centinaio ed arrestati almeno una settantina solo nella capitale, sarebbe stato emanato un ordine di arresto per l’ex sindaco di Chacao, Leopoldo Lòpez; l’ex ambasciatore a Bogotà, Fernando Gerbasi e l’ex capo della “Casa Militar” – il corpo dell’esercito che ha la responsabilità della custodia del presidente della Repubblica – Ivàn Caratù. L’italo-venezuelano Fernando Gerbasi, ex ambasciatore assai stimati negli ambienti diplomatici, è figlio del noto scrittore, poeta,  e diplomatico Vicente Gerbasi, i cui genitori emigrarono in Venezuela a fine del 1800.

L’accusa per i tre esponenti dell’opposizione è assai pesante: istigazione alla violenza, danni alla proprietà pubblica, lesioni gravi, omicidio, terrorismo. In realtà, né Lòpez, nè Gerbasi, né Caratù erano presente durante le manifestazioni di violenza che hanno paralizzato Caracas e le maggiori città del Paese. Comunque, sia il presidente della Repubblica, Nicolàs Maduro, che il presidente del Parlamento,  Diosdado Cabello e il Sindaco del Comune Libertador, Jorge Rodrìguez, che amministra una ampia zona della Capitale fitta di quartieri popolari e baraccopoli, li considerano gli autori intelettuali.

Ieri sera il presidente Maduro, durante una trasmissione a reti unificate in occasione della Commemorazione del ‘Giorno della Gioventù’, ha denunciato una presunta ‘strategia della tensione’ e l’ennesimo tentativo di ‘golpe’, ad opera di un minuscolo gruppo di esponenti dell’estrema destra.

Intanto, il saldo della giornata di violenza di ieri è stato di tre morti e centinaia di feriti oltre a numerosi arresti.  Le vittime sono Juan Montoya, 40 anni, dirigente di un gruppo filogovernativo,  Bassil Alejandro Dacosta, uno studente di 24 anni che partecipava alla manifestazione dell’opposizione e Roberto José Redman Orozco, che stando ai testimoni sarebbe stato ucciso da un gruppo di motociclisti nella Av.  Arturo Uslar Pietri. Le tre vittime sono morte per ferite di arma da fuoco in circostanze ancora confuse.

La giornata era iniziata con decine di migliaia di manifestanti scesi in piazza a Caracas e in diverse città del Venezuela per partecipare nei cortei convocati contro ma anche a favore del governo del presidente Nicolás Maduro, in occasione della Giornata della Gioventù, che si celebra ogni 12 febbraio. I principali leader dell’opposizione, fra i quali l’ex candidato presidenziale Henrique Capriles, aveva raggiunto la folla di studenti che si era concentrata nella piazza Venezuela per dare inizio alla manifestazione anti chavista che ha sfilato nel centro della capitale fino alla sede della Procura nazionale, per esigere la liberazione dei giovani oppositori arrestati nei giorni scorsi durante altre manifestazioni di protesta. A poche centinaia di metri, sulla Plaza O’Leary, si erano dati appuntamento i giovani pro governativi, riconoscibili dalle magliette e i fazzoletti rossi che sono il simbolo del chavismo. Hanno sfilato fino al nord della città, dove Maduro ha tenuto un comizio di chiusura della manifestazione. “A quest’ora le informazioni che ho ricevuto mi permettono di dire che il Venezuela lavora in pace, mentre i giovani celebrano la loro giornata, anche loro in pace”, ha detto l’erede di Hugo Chavez nel suo discorso.

Ed invece si è trasformata in una giornata di morte: tre persone sono morte e molti sono rimasti feriti dopo essere state raggiunti da spari durante un corteo giovanile di opposizione al governo. La morte del manifestante oppositore è stata confermata anche dal presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, il quale però ha affermato  che era un militante filogovernativo, “ucciso in modo vile dai fascisti” e ha chiesto ai chavisti di “non cedere alla provocazione” promettendo che gli assassini “di questo compagno, di questo compatriota, la pagheranno”. In un primo momento sembrava che la vittima fosse un manifestante dell’opposizione.

Durante le proteste violente, che si sono prolungate fino a notte inoltrata, specialmente a Chacao – un quartiere di classe media che negli anni 50, ma in realtà lo è ancora oggi, era considerato assieme a La Carlota la “Little Italy” del Venezuela –,  il segnale del canale di televisione colombiano Ntn24, che trasmetteva e commentava in diretta quanto stava accadendo nel Paese, sarebbe stato oscurato e tolto dalle piattaforme televisive fornite da provider via cavo e satellitari del Paese.