Apple: niente metalli ‘insanguinati’ per iPhone e iPad

ROMA. – Dopo la vicenda dei diamanti insanguinati, quelli che vengono estratti in zone di guerra e venduti clandestinamente per finanziare i conflitti, che ha ispirato tante inchieste giornalistiche e un film, alcune aziende iniziano a prendere coscienza anche dei minerali ‘etici’, quelli che arrivano da zone ‘conflict-free’. Ad accendere un faro sulla questione è Apple: nel rapporto annuale sui suoi fornitori spiega come il materiale usato per fabbricare iPhone i iPad abbia solo una provenienza etica. E Cupertino s’impegna anche a monitorare le ore di lavoro delle fabbriche dei sui fornitori, memore del ciclone Foxconn. Il documento pubblicato dal colosso californiano si chiama ‘Supplier responsibility report’, ed è un’operazione trasparenza periodica in cui l’azienda fa il punto su chi produce e assembla i suoi dispositivi fuori dagli Stati Uniti. Al centro di questo rapporto, in particolare, c’è il tantalio, un elemento molto usato in elettronica perché è un buon conduttore di calore ed elettricità. Purtroppo i giacimenti più grandi di questo e altri minerali rari sono spesso situati in paesi politicamente instabili come il Congo, l’Angola e il Sud Sudan. La loro estrazione causa schiavitù e foraggia le guerre. “Confermiamo che tutte le nostre fonderie di tantalio attive e registrate nella catena dei fornitori di Apple sono state validate con certificazione ‘conflict-free’ da una società indipendente, e che continueremo a richiedere ai fornitori di usare esclusivamente fonti di tantalio verificate”, spiega l’azienda di Cupertino che si impegna a controllare anche le forniture di altri minerali come l’oro e il tungsteno “in modo da cambiare davvero la situazione”. Già due anni fa Nokia aveva pubblicato un’informativa sui passi da compiere per evitare transazioni con paesi coinvolti in conflitti. E di recente, all’ultimo Ces di Las Vegas, un altro colosso come Intel ha parlato di un potenziamento delle iniziative ‘conflict-free’. Certo, l’entrata in campo così aperta di un gigante come Apple potrebbe davvero avere ripercussioni a livello mondiale. Nel suo report, l’azienda co-fondata da Steve Jobs, mette l’accento anche sulle ore di lavoro dei suoi fornitori. Un punto non da poco, visto il precedente della Foxconn, l’azienda taiwanese che per conto di Apple assembla iPhone e iPad, accusata di sfruttare i suoi operai e tristemente nota per una serie di suicidi. Tanto che due anni fa il Ceo di Cupertino, Tim Cook, andò di persona a visitarla. “Le settimane che eccedono le 60 ore lavorative sono state un problema per l’industria elettronica – spiega Apple nel suo ‘Supplier responsibility report’ – ridurre gli straordinari eccessivi rimane una priorità per noi, così come istruire i lavoratori sui loro diritti”. Secondo la relazione, infine, è diminuito il lavoro minorile scoperto nelle fabbriche dei suoi fornitori: 23 minori contro i 74 trovati lo scorso anno nell’azienda di un solo fornitore. (Titti Santamato/ANSA)

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