Equitazione: addio Piero D’Inzeo, ufficiale gentiluomo

ROMA. – Elegante, raffinato, dai tratti quasi aristocratici e soprattutto vincente. Piero D’Inzeo se n’è andato oggi, avrebbe spento 91 candeline il prossimo 4 marzo. Il fratello Raimondo l’aveva preceduto il 15 novembre dell’anno scorso. Insieme hanno rappresentato una vera e propria leggenda dell’equitazione italiana, quello che si potrebbe sintetizzare come il ritratto di famiglia a cavallo. Vincitore di sei medaglie ai Giochi olimpici in otto partecipazioni, con Raimondo (di poco più giovane, era nato il 2 febbraio 1925) ha formato la coppia dei ‘fratelli invincibili’ dell’equitazione italiana. In coppia, un’icona dello sport azzurro. Insieme hanno gareggiato e vinto nelle più importanti piazze mondiali: l’apice ai Giochi di Roma del 1960 quando Raimondo conquisto’ la medaglia d’oro e Piero quella d’argento nella gara a ostacoli, un secondo posto che Piero considerò insieme la medaglia più dolce e amara che potesse metter al collo, perché ad un soffio da quella più pregiata, ma che era stata vinta dal fratello Raimondo. Gradini del podio che i due fratelli d’Italia – come sempre erano definiti, come solo anni dopo riuscì agli Abbagnale – erano soliti scambiarsi, chi in sella a ‘Posillipo’, chi a ‘The Rock’ (”forse il miglior cavallo che mi si mai capitato di montare”, disse Piero). Una famiglia di cavalieri insomma la cui fama trascenderà per sempre i confini nazionali avendo segnato, con il loro stile, generazioni di atleti a cavallo e semplici appassionati. Carriere vissute costantemente ai massimi livelli, come testimoniamo le otto edizioni dei Giochi olimpici e le innumerevoli medaglie conquistate tra Londra 1948 e Montreal 1976. Sempre insieme, sempre uno di fronte all’altro, così da alimentare una favola ancora ineguagliata nella storia dell’equitazione mondiale. Maggiore di due fratelli, Piero si formò come cavaliere sotto la guida del padre Costante, sottufficiale dell’esercito e fin da bambino manifestò le eccezionali doti di cavaliere, tanto da condizionare il fratello più piccolo, Raimondo, a seguirne l’esempio. Ma al comportamento più irruente ed aggressivo di Raimondo, Piero contrapponeva una maggiore tecnica e una cadenza più elegante. Ufficiale di cavalleria, entrò nell’Olimpo del salto ostacoli negli anni Cinquanta e la sua carriera, del tutto straordinaria per qualità e numero di successi, andò avanti per oltre un trentennio. Salì sul podio per la prima volta a Melbourne, nel 1956, vincendo la medaglia di bronzo individuale in sella ad Uruguay e contribuendo in maniera determinante alla conquista dell’argento a squadre. Ai Giochi Olimpici aveva debuttato 8 anni prima a Londra (1948) con Briacone. Argento e bronzo agli Europei del 1961 e 1962, a Tokyo 1964 fu nono (su Sunbeam) nell’individuale e bronzo a squadre. Settimo a Città del Messico nel 1968 (con Fidux) e ancora bronzo nel concorso a squadre a Monaco ’72 (con Easter Light), Piero D’Inzeo concluse la sua carriera olimpica a Montreal 1976. Tre volte vinse la prestigiosa King George Gold Cup di Londra.