Marò: Italia avverte che accusa terrorismo lede dignità

ROMA. – L’Italia è pronta a giocare la carta dell’arbitrato internazionale sulla vicenda dei marò. Da calare dopo l’attesa decisione dell’Alta Corte indiana di martedì se, come si teme, anche in quell’occasione non si arriverà ad una svolta della vicenda. L’ipotesi, tornata alla ribalta dopo due anni di nulla di fatto, è “stata esplorata oggi (ieri, ndr)”, ha annunciato il ministro della Difesa Mario Mauro, appena rientrato da Delhi, nella riunione della task force sul caso dei due fucilieri. L’ultimo atto ‘operativo’ del governo di Enrico Letta che, prima di rassegnare le dimissioni al Colle, ha lasciato così sul tavolo del suo successore un asso da giocare, da valutare e mettere in campo soprattutto se martedì da Delhi dovesse arrivare la conferma all’uso della legge antiterrorismo. Mentre continua il pressing della diplomazia per fare fronte comune con la comunità internazionale, dall’Ue alla Nato passando seppur con qualche ‘intoppo’ all’Onu (l’Alto rappresentante della politica Europea Ashton ne parla con il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon), si prepara così la contromossa giuridica. E la task-force Letta-Mauro-Bonino-Cancellieri-De Mistura, passa il testimone alla prossima, ma assicurando che l’impegno sul caso “continuerà con determinazione fino alla soluzione della vicenda”, spiega il presidente del Consiglio uscente. Perché – è il messaggio ribadito in uno degli ultimi comunicati del suo governo – “l’accusa di terrorismo lede la dignità del Paese e avrebbe conseguenze negative nei rapporti con l’India”, così come in nella lotta contro la pirateria. Sul tavolo resta così l’ipotesi di un arbitrato internazionale ‘obbligatorio’, quello cioè cui si può ricorrere unilateralmente in caso di non accordo con la controparte interessata sulla richiesta di lodo. Da presentare in base alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Uniclos) che sottoporrebbe la questione ad un giudizio terzo, che potrebbe essere il tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo o la Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja. Una strada che piace a Fabrizio Cicchitto – “l’Onu accolga la richiesta” – a Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e al capogruppo dei Popolari Lorenzo Dellai, che la definisce un “percorso utile”. Mentre il ministro Mauro ha spiegato che sul caso è necessario “fare di tutto per fare chiarezza”. E la circostanza che l’incidente che ha coinvolto i militari sulla ‘Enrica Lexie’ sia avvenuto in acque internazionali “apre un contenzioso internazionale da gestire in un contesto internazionale”. Intanto dall’India continuano ad arrivare messaggi contraddittori. Mentre prima si ribadiva, tra i corridoi dei palazzi dei ministeri di Delhi, la possibilità dell’applicazione del ‘Sua Act’, l’ormai famosa legge antiterrorismo, seppur edulcorata (escludendo cioè l’applicazione della pena di morte), adesso stando ai media locali il clima sarebbe cambiato. E Delhi, scrive The Indian Express, starebbe studiando l’abbandono del Sua. In un’altalena di dichiarazioni, in cui si è inserito anche il viceprocuratore indiano. Assicurando che Delhi vuole un “processo equo e giusto, da chiudere il prima possibile per fare giustizia”. E che “né il governo né l’Alta Corte si lasceranno influenzare da pressioni interne” al Paese, ovvero di “quella gente del Kerala” la cui reazione rischia di aprire un fronte di ordine pubblico alla vigilia delle elezioni. (Marina Perna/ANSA)

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