Giava: Inferno dal vulcano Kedul, isola sotto la cenere

GIAKARTA. – L’eruzione è stata talmente potente da essere sentita a centinaia di chilometri di distanza. E ha causato almeno due morti, decine di migliaia di evacuati e pesanti disagi ai collegamenti aerei nella popolata parte orientale dell’isola indonesiana di Giava, dove il vulcano Kelud si è risvegliato con una spettacolare esplosione di cenere e lapilli che ha ricoperto l’intera regione.  Le autorità hanno dato ordine a tutti i residenti entro un raggio di 10 km dal vulcano di evacuare immediatamente, anche se si calcola che solo la metà delle 200 mila persone interessate abbiano davvero lasciato le proprie case e molte sono già rientrati nel pomeriggio di oggi. I tre aeroporti internazionali di Surabaya, Yogyakarta e Solo sono stati chiusi a causa della cenere sulla pista e della scarsa visibilità, che sta complicando anche la circolazione stradale. L’antico tempio di Borobodur, un’importante meta turistica, è stato chiuso e ricoperto da teloni per proteggerlo dalla cenere.  “Quasi tutti i negozi sono chiusi in città, la cenere è dappertutto, come la neve. Senza una mascherina non si può respirare”, spiega all’Ansa Putri Fitria, una giovane abitante di Yogyakarta, che ieri sera ha sentito l’esplosione nonostante i 200 km di distanza dal vulcano. Le scorte di mascherine sono agli sgoccioli, data l’impennata della domanda. Finora si contano due vittime accertate, una coppia di anziani rimasta schiacciata dal crollo della precaria abitazione in cui viveva, in un villaggio, sotto il peso delle pietre sputate dal Kelud. Ma è probabile che il bilancio si aggravi con il passare delle ore, a mano a mano che verrà esplorata la zona più vicina al cratere. Le autorità dell’Indonesia mantengono alto lo stato di allerta, ma hanno fatto capire che il peggio potrebbe essere passato. Dopo eruzioni di tale entità, solitamente i vulcani non riescono a raggiungere in breve tempo lo stesso livello di attività. Nella zona continuano comunque a farsi sentire i tremori del monte, che dal 16esimo secolo ha provocato 15 mila morti con i suoi periodici e violenti risvegli. Solo poche settimane fa, un altro vulcano in Indonesia – il Sinabung, sull’isola di Sumatra – aveva causato 16 morti con una potente esplosione, l’ultima di una serie iniziata lo scorso settembre. Il Paese conta in totale circa 130 vulcani attivi, tutti disposti lungo la “Cintura di fuoco” che percorre l’arcipelago indonesiano nel suo percorso attorno all’Oceano Pacifico. Nel 2010, l’eruzione del Monte Merapi – sempre a Giava – causò oltre 300 vittime.