Mostre: Ny, grande abbuffata futurista al Guggenheim

NEW YORK. – Immaginarsi di cenare nella sala da pranzo di Casa Cimino a Roma disegnata all’inizio degli anni Trenta dal perugino Gerardo Dottori, consumando un'”anti-pasta” sui piatti di ceramica di Bruno Munari e Torido Mazzotti, per concludere, o magari cominciare, col caffe’ nel servizio 1928 firmato Giacomo Balla. L’abbuffata futurista del Guggenheim Museum di New York ha anche un occhio per la cucina creata da un movimento di avanguardia che – ha detto oggi al taglio del nastro per la stampa la curatrice Vivien Greene – abbracciava ogni aspetto della vita: non solo pittura e scultura dunque, ma anche pubblicità, architettura, ceramica, design, film, poesia, spettacolo, serate, moda. “Sono in tutto 360 opere, se includiamo le tazzine da caffe’, di oltre 80 artisti, alcune delle quali non avevano mai lasciato l’Italia”, ha detto la Greene illustrando la mostra che da domani fino al primo settembre si snoderà sulla rampa elicoidale del Guggenheim trasformato per l’occasione “in opera d’arte totale”: arrivati al sesto piano, dove sono esposti quadri e foto di aeropittori (Tullio Crali, Dottori,Filippo Masoero, Guglielmo Sansoni, lo stesso Balla e Benedetta, la moglie di Marinetti) capita di provare, quando si guarda in basso, lo stesso brivido dalla prospettiva distorta di quei primi voli. E’ un progetto in cantiere da cinque anni, realizzato grazie allo sforzo di fondazioni, altri musei, importanti collezioni private come quella della milanese Laura Mattioli e il sostegno di Lavazza, diventato a partire da questa mostra, “global sponsor” del Guggenheim, ha annunciato oggi il direttore Richard Armstrong. La cucina, così’ come la moda e le arti applicate (i panciotti di Fortunato Depero per Marinetti sono esposti al grande arazzo di Panno Lenci dell’artista trentino dal Mart di Rovereto) erano parte integrante del vivere futurista. Lo stesso Marinetti nel 1932 scrisse un Manuale di Cucina, sfida aperta al buon borghese Pellegrino Artusi e alla sua Arte del Mangiar Bene. Tra i capisaldi: l’abolizione della pastasciutta, “assurda religione gastronomica italiana” e le cene all’incontrario, che cominciano con dal caffe’, dove forchetta e del coltello sono messi al bando al pari dei dei condimenti tradizionali e della politica a tavola. Il tutto all’insegna di una visione proiettata verso il futuro che auspica la creazione di “bocconi simultaneisti e cangianti”, invita i chimici a inventare nuovi sapori e incoraggia l’accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi. I membri del Guggenheim potranno averne un assaggio in una delle serate a loro riservate preparata dalla madre della Greene, una chef italiana. Il tutto, in omaggio alla complessità di un movimento che integra i linguaggi della creatività in dialogo tra loro sullo sfondo di una storia altrettanto complessa e, dopo la Marcia su Roma, a momenti associata con il fascismo: come nel servizio di piatti di Giovanni Acquaviva del 1939, realizzato alla vigilia dell’ingresso nella Seconda Guerra mondiale che segnò la fine del Futurismo: “Fascismo Futurismo”, e’ scritto su uno dei 12 pezzi decorato con una grossa “F”, su un altro: “Duce Duce Duce”.  (di Alessandra Baldini/ANSA)

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