Obama vede il Dalai Lama alla Casa Bianca. Ira Cina

NEW YORK. – Per la terza volta Barack Obama ha ricevuto alla Casa Bianca Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama. Un incontro annunciato, ma che ha immediatamente suscitato la prevedibile ira della Cina: nel giro di poche ore, ancora prima che il leader spirituale tibetano si avvicinasse al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, Pechino ha reagito affermando che l’incontro rappresenta una “grossolana interferenza” degli Stati Uniti negli affari interni cinesi. Obama però – come già nel 2010 e 2011 – ha deciso di accogliere lo stesso il Dalai Lama, come lui premio Nobel per la pace; solo che invece di farlo accomodare nello Studio Ovale, normalmente riservato agli incontri con i capi di Stato, ha tenuto il colloquio nella Map Room, come del resto avvenuto anche nei due precedenti incontri. E una portavoce della Casa Bianca, Caitlin Hayden, ha anche opportunamente precisato che il presidente Obama riceve “un leader spirituale e culturale, rispettato internazionalmente”. E per essere ancora più chiara, ha anche ribadito che “gli Stati Uniti riconoscono che il Tibet è parte della Repubblica popolare cinese, e non sostengono l’indipendenza tibetana”. Allo stesso tempo, ha però aggiunto, gli Usa “sostengono fortemente i diritti umani e le libertà di religione in Cina”. Pechino non considera però il Dalai Lama come un leader spirituale, ma piuttosto come “un lupo travestito da agnello”, che si batte per l’indipendenza del Tibet e per ottenerla contempla anche eventuali metodi violenti. Tenzin Gyatso è un “esiliato politico”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, che è “impegnato da molto tempo in attività separatiste anticinesi sotto la copertura della religione”. A sua volta, il Dalai Lama, fuggito nel 1959 dal Tibet per trovare rifugio in India, nega di lavorare l’indipendenza del Tibet, per il quale chiede però una una reale autonomia. Dal 2011 ha anche rinunciato all’attività politica, che ha delegato al governo in esilio che ha sede in India e che è guidato dal laico Lobsang Sangay. Proprio il primo ministro in esilio ha definito “un messaggio forte” per i tibetani l’incontro, “perché dimostra che la loro voce è ascoltata, anche dalla persona più potente del mondo”. Pechino aveva esortato il presidente americano ad “annullare la riunione” che, aveva ammonito, potrebbe “danneggiare seriamente” i rapporti tra i due Paesi. Rapporti peraltro resi negli ultimi mesi particolarmente difficili da una serie di questioni, che vanno dalle dispute territoriali che la Cina ha in corso nel Pacifico col Giappone e altri alleati degli Usa, come Filippine e Vietnam; fino alla questione dei diritti umani. Aspetti che sono stati sollevati dal segretario di Stato John Kerry nella visita della settimana scorsa a Pechino, durante la quale è stato anche ricevuto dal presidente Xi Jinping, ma in cui, in aperta sfida al governo cinese, ha anche incontrato nei locali dell’ambasciata americana anche alcuni blogger critici verso il regime a partito unico. Un incontro per ribadire la sua richiesta alla Cina di “sostenere la libertà di Internet”. Non è chiaro se nei colloqui col presidente Xi Jinping, col premier Li Keqiang e col ministro degli esteri Wang Yi, Kerry abbia preannunciato l’incontro di tra Obama e il Dalai Lama. Ma certo, la reazione stizzita di Pechino non è stata per lui, né per nessuno, una sorpresa. (Stefano de Paolis/ANSA)

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