Senato e titolo V, ecco riforma: Renzi, o passa o lascio

ROMA. – “Se non passa la fine del bicameralismo perfetto non finisce solo il governo, ma considero chiusa la mia esperienza politica”. Matteo Renzi rilancia la sua impresa più difficile: la riforma costituzionale del Senato. “Rischio tutto”, dice. E passa ai fatti, con un testo di legge che illustra ai ministri e offre al dibattito delle forze politiche e sociali. “Diamo 15 giorni” al confronto, “poi lo portiamo in Parlamento”, annuncia il presidente del Consiglio. Le riforme possono essere completate, dice il ministro Maria Elena Boschi, “entro la fine del 2015”. Ecco la bozza presentata dal premier: riforma del bicameralismo e del titolo V compaiono in un unico testo.
L’ASSEMBLEA DELLE AUTONOMIE – Il Senato viene trasformato in un’Assemblea delle autonomie, che “rappresenta le istituzioni territoriali” ma non ha più il potere di dare o togliere la fiducia al governo. L’Assemblea è composta dai presidenti di Regione, da due membri eletti dai Consigli regionali tra i propri componenti e da tre sindaci eletti da un’assemblea dei sindaci di ciascuna Regione (in un primo momento si ipotizzava la partecipazione di tutti i sindaci delle città capoluogo). Le modalità di elezione le decide, con legge, la Camera. Il mandato di ciascuno finisce allo scadere dell’incarico negli enti locali. Il presidente della Repubblica può inoltre nominare 21 cittadini che abbiano illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Costoro durano in carica sette anni.
DEPUTATI A VITA – I presidenti della Repubblica alla scadenza del mandato diventano non più senatori, ma deputati a vita.
COMPETENZE – Il bicameralismo paritario sopravvive solo per le leggi costituzionali, che sono approvate “collettivamente” dalle due Camere. Tutte le altre leggi vengono trasmesse da Montecitorio all’Assemblea delle autonomie, che “entro dieci giorni”, può decidere di esaminarlo ed entro trenta giorni emanare un parere: alla Camera spetta comunque l’ultima parola. L’Assemblea delle autonomie partecipa all’elezione del presidente della Repubblica e ha inoltre una “funzione di raccordo tra Stato e Regioni”, si occupa di atti dell’Unione europea, “svolge attività di verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sul territorio”.
VIA PROVINCE E CNEL – La riforma cancella dalla Costituzione e abolisce così definitivamente le Province. Viene abolito anche il Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
STATO-REGIONI – Dal titolo V della Carta viene eliminata la legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni. Alle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato si aggiungono, tra le altre: il sistema nazionale della protezione civile; l’ordinamento scolastico, l’università e la ricerca; il lavoro; il governo del territorio; la produzione, il trasporto e la distruzione nazionali dell’energia; le grandi reti di trasporto. Per “esigenze di tutela dell’unità giuridica o economica della repubblica o di realizzazione di riforme economico-sociali di interesse nazionali”, la legge dello Stato può intervenire in materie di competenza regionale. Con legge, può essere delegata dallo Stato alle Regioni la competenza legislativa in alcune materie, anche per un tempo limitato.
IL TETTO AGLI STIPENDI – “Con legge dello Stato sono stabiliti gli emolumenti complessivamente spettanti” a presidente e consiglieri regionali. Gli stipendi “non possono superare l’importo di quelli spettanti ai sindaci di comuni capoluogo di Regione”. Stop ai rimborsi pubblici ai gruppi regionali. (Serenella Mattera/ANSA)