In Italia quasi 600 giorni per definizione di cause civili

BRUXELLES. – L’Italia è penultima in Europa, con quasi 600 giorni, per la definizione di cause civili e commerciali in primo grado. Peggiora rispetto al passato (2010), quando di giorni ne bastavano 500 circa. E si conferma maglia nera per numero di cause civili e commerciali pendenti. Emerge dalla seconda edizione del Quadro di valutazione della giustizia Ue (focalizzata su giustizia civile, amministrativa e commerciale), presentanta dal vicepresidente della Commissione Ue Viviane Reding, che esprime “preoccupazione” per quei Paesi che come l’Italia si trovano “in basso” nella graduatoria. Parlando in generale, Reding spiega che “la giustizia ritardata è giustizia negata”, e se si tratta di cause civili, commerciali e amministrative “scoraggia gli investitori” e “danneggia l’economia”. Non a caso i risultati dello studio verranno usati anche nella preparazione delle raccomandazioni Ue per Paese e per i programmi di aggiustamento economico. I principali problemi del Belpaese, secondo Bruxelles, restano “la durata dei procedimenti ed i casi pendenti”, e anche se si colgono “segnali positivi per il tasso di esecuzione”, ovvero la capacità dei tribunali di smaltire il carico di lavoro, sulla base del rapporto tra casi aperti e chiusi nel periodo di riferimento pesa tuttavia la mole degli arretrati. Stando alla pubblicazione della Commissione (che si basa su studi Cepej, Banca mondiale, Forum economico mondiale ed altri), l’Italia fa registrare un peggioramento nella durata per la definizione di cause civili e commerciali in primo grado: se secondo la precedente analisi occorrevano quasi 500 giorni (2010), dall’attuale emerge un aumento fino a circa 600 (2012). E anche se all’appello mancano i dati di Cipro, Belgio, Irlanda Bulgaria, Olanda e Gran Bretagna, l’Italia è penultima su 22 paesi. Peggio fa solo Malta, dove di giorni ne occorrono quasi 700. L’Italia risulta poi la peggiore (per la seconda volta) quanto a numero di casi pendenti per cause civili e commerciali, sebbene mostri qualche miglioramento. Se infatti sulla base dei dati 2010 raggiungeva oltre sei casi pendenti in primo grado ogni cento abitanti, i dati 2012 rivelano che i casi si sono ridotti a circa 5,5. Peggio solo Croazia e Grecia (mancano i dati di Cipro, Belgio, Bulgaria, Irlanda, Regno Unito e Olanda). Il tasso di esecuzione sale dal 120% circa al 130%, e per questo indicatore il Paese è secondo in Europa, dopo il Lussemburgo. Quanto ai tempi per la soluzione delle insolvenze, l’Italia è al dodicesimo posto (dati 2013), con poco meno di due anni. La migliore performance in questo caso spetta all’Irlanda (meno di sei mesi) e la peggiore alla Slovacchia (quattro anni). Dall’Italia, il vicepresidente del Csm Michele Vietti commenta: “E’ ora di passare dalle parole ai fatti”. Intanto l’Organismo unitario dell’avvocatura ribadisce l’urgenza di convocare il tavolo sul processo civile. Il responsabile giustizia di Scelta civica Andrea Mazziotti richiama l’importanza di “riforme radicali”, mentre Anna Maria Bernini di Forza Italia chiede a Renzi di inserire “la riforma della giustizia tra le priorità di governo”. Maurizio Sacconi (Ncd) parla di “Paese da sbloccare”. (Patrizia Antonini/Ansa)

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