Adesso si apre la caccia alle onde gravitazionali

ROMA. – Il futuro della ricerca sulle onde gravitazionali si chiama Virgo, Ligo ed eLisa. Attraverso questi strumenti, i primi due sulla Terra e l’ultimo nello spazio, arriveremo a vedere direttamente le perturbazioni che vengono generate dai buchi neri supermassivi ma soprattutto l’esplosione e la conseguente onda prodotta dal Big Bang. “Virgo e Ligo sono due interferometri laser terrestri”, dice Eugenio Coccia, presidente del Comitato Internazionale sulle Onde Gravitazionali (Gwic) e direttore del Gran Sasso Science Institute dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Il primo, prosegue Coccia, è frutto di una collaborazione tra Infn e Consiglio Nazionale delle Ricerche francese (Cnrs), ai quali si è recentemente aggiunta una collaborazione olandese. Lo strumento ha un ‘braccio’ lungo 3 chilometri e si trova a Cascina, vicino Pisa. Ligo invece è americano ed è formato da due interferometri collocati a grande distanza: uno nello stato di Washington e il secondo nella Luisiana. I due interferometri saranno operativi fra il 2016 e il 2017 e la raccolta dati potrebbe cominciare non prima del 2020 per via delle calibrazioni. Grazie ad essi, spiega l’esperto, si potranno vedere direttamente le onde gravitazionali prodotte dalle esplosioni di supernovae o quelle generate dai buchi neri. Oltre ai progetti terrestri c’è eLisa, il gigantesco interformetro spaziale previsto fra il 2020 e il 2030. Progettato dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa), è un sistema composto da tre satelliti distanti milioni di chilometri uno dall’altro. “L’obiettivo – osserva Coccia – è vedere le perturbazioni spazio-temporali, ossia le onde gravitazionali prodotte da sorgenti più massicce ossia dai buchi neri supermassivi che sono al centro delle galassie”. Il prossimo anno è previsto il lancio di un dimostratore di eLisa che si chiamerà eLisa-Pathfinder, composto da un solo satellite che servirà come collaudatore per sperimentare le tecnologie che avranno a bordo i tre satelliti futuri. Lo sperimentatore principale di questo dimostratore è l’italiano Stefano Vitale, dell’Università di Trento. “Le onde gravitazionali sono uno strumento molto prezioso per investigare l’origine dell’universo. Le scoperte, con questi strumenti, si preannunciano sensazionali e di certo chi arriverà a rivelare le onde direttamente – conclude Coccia – probabilmente si meriterà il premio Nobel”. 

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