Confcommercio: consumi fermi, da Renzi una possibile spinta

CERNOBBIO (COMO).  – La Confcommercio vede per il 2014 i consumi ancora fermi (in ripresa nel 2015 a +0,7%) con un Pil a +0,5% (in lieve miglioramento rispetto alla stime precedenti di +0,3%). Se a maggio, così come previsto dal Governo Renzi, saranno erogate risorse per 12 miliardi netti alle famiglie (anche tramite le imprese) il prodotto interno lordo potrebbe però crescere di un ulteriore 0,3% portandosi ad un +0,8%. Un effetto che porterebbe anche una spinta su i consumi (stimati in netto rialzo a +1%). Numeri, questi ultimi, che si accompagnano anche alla ripresa a gennaio dell’Industria, che l’Istat certifica con un fatturato al top dal 2011 e ordini record: i più alti dal dicembre del 2010. Segnali incoraggianti che però tengono ancora tutti con i piedi ben piantati a terra. ”Nonostante le prime misure” dell’esecutivo ”vadano nella giusta direzione” questo non dà spazio ad un ”facile ottimismo”, sottolinea Il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli al Forum di Cernobbio. Il perché è dovuto al fatto che ”sarà un anno di transizione – spiega Sangalli – in cui il paese è debole e va scongiurato il pericolo di una grave ricaduta”. E che la tempesta non sia ancora passata lo conferma anche il ministro del lavoro. Giuliano Poletti, al consueto appuntamento sul lago di Como, avverte che quest’anno ”avremo ancora problemi acutissimi di disoccupazione” perché ”la crisi non ha ancora scaricato tutti i suoi effetti”. Serve dunque un cambio di passo per invertire la rotta mettendo in campo leve per la crescita e l’occupazione. In questo senso Sangalli chiede ”con forza al governo di estendere i benefici della detassazione al popolo delle partite Iva, ai lavoratori indipendenti e agli autonomi”. Per evitare nuove crisi l’organizzazione vede poi come priorità azioni che taglino la spesa pubblica improduttiva e che riducano il carico fiscale perché non si può andare avanti come negli ultimi 20 anni. La verità è che in Italia si spreca troppo, tanto che l’eccesso di spesa regionale, secondo calcoli della Confcommercio, ha un costo quantificabile in 82,3 miliardi di euro. La Sicilia è in testa con 13,8 miliardi e, a seguire, Lazio (11,1 mld) e Campania (10,7 mld). A queste tre regioni è attribuibile nei fatti il 43,3% delle inefficienze. Le più virtuose sono invece Lombardia e Valle D’Aosta (0,7 mld). A questo quadro si aggiunge inoltre il fatto che in Italia gli incrementi di spesa pubblica non producono impatti significativamente positivi tanto che la crescita del Pil, tra il 1996 e lo scorso anno, appare – secondo la Confcommercio – decisamente modesta, la peggiore come risultati e con forme di inefficienza pressoché simili a quelle di Giappone e Grecia. Il risultato è che il nostro Paese è rimasto fanalino di coda nella crescita e non c’è stato un miglioramento consistente nei servizi offerti. I Paesi scandinavi (come Svezia e Finlandia) e del Nord-Europa (come Germania, Austria, Olanda) hanno, invece, tagliato la parte improduttiva di spesa pubblica (fino a 8 punti percentuali nel periodo) razionalizzando le risorse e hanno sperimentato tassi cumulati di crescita, da tre a sei volte superiori a quello dell’Italia (+9,5% nel periodo). Altri paesi, come Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Spagna, con all’incirca lo stesso incremento cumulato della spesa pubblica in rapporto al Pil dell’Italia (poco più del 5% nel periodo), hanno realizzato anch’essi tassi cumulati di crescita da tre a sei volte superiori quello italiano. (Fabio Perego/Ansa)