La giornata politica: Francia, un voto di protesta contro l’Europa dell’austerity

ROMA. – Un’altra Marina, la francese Le Pen, vince in Francia e cavalca verso Bruxelles alla testa delle forze antieuropeiste che a maggio potrebbero dire la loro nelle elezioni per il Parlamento Ue. A dimostrazione, come pensano in molti nel circolo berlusconiano, che non sempre le dinastie sono invise all’elettorato. E’ solo una delle tante riflessioni suscitate dal primo turno delle elezioni francesi. Marine Le Pen incarna, secondo Matteo Renzi, un voto di protesta figlio di un diffuso senso di contestazione contro l’Europa dell’austerity e della burocrazia. Parole con le quali il Rottamatore, tuttavia, ammette implicitamente che il voto europeo, che egli non vorrebbe trasformare in un referendum sul governo e sulla nouvelle vague democratica, finirà invece per esserlo. Per la semplice ragione che è stato lo stesso Renzi a indicare nell’Europa la speranza delle future generazioni e di una riscossa politico-economica: dunque sarebbe contradditorio non riconoscere alle elezioni di maggio l’importanza di primo test elettorale sul suo programma a vocazione europeista. In realtà il mezzo terremoto francese, da confermare peraltro tra una settimana ai ballottaggi, rappresenta un campanello d’ allarme per tutti: per la vecchia classe politica e per gli elefantiaci e un po’ superati partiti europei, come il Ppe e lo stesso Pse, che per accogliere il Pd italiano ha dovuto modificare la propria denominazione in ”socialisti e democratici europei”. Stavolta la campana suona per tutti: anche per le forze che in Italia vorrebbero rappresentare l’area antieuro, come il Movimento 5 Stelle e la Lega, ma non riescono a coalizzarsi per le rivalità intestine, sebbene i programmi – come osserva la Le Pen – siano molto simili in tutti i Paesi. A ben vedere, però, il vero vincitore delle elezioni francesi è l’astensionismo, ormai stabilizzato a quota 40 per cento. Una quota che potrebbe essere raggiunta anche in Italia e che tradisce l’assenza di vere proposte politiche capaci di convincere i cittadini ad andare alle urne. E’ all’area del non voto che guardano un po’ tutti. In primis proprio Renzi che a parole minimizza la futura portata delle europee ma in realtà non ne può sottovalutare l’impatto. Il problema, per il premier, è che il governo vi giungerà senza avere ancora potuto mettere sul tappeto i fatti concreti, per esempio quegli 80 euro in più promessi ai lavoratori che guadagnano fino a 1.500 euro al mese e che giungeranno nelle buste paga solo a fine maggio, quando le urne europee si saranno già chiuse. Per metà maggio, il Rottamatore potrà presentare soltanto un affresco in via di composizione: del resto sul cosa mettere nel Documenti di economia e finanza ancora si discute e c’è l’ex viceministro dell’ Economia Stefano Fassina che invita il premier a rompere gli indugi e dare la prima vera spallata all’Unione finanziando gli aumenti di stipendio in deficit. Per accontentare i lavoratori e aprire lo scontro a Bruxelles in vista del Consiglio europeo di fine giugno. Ma Renzi può permettersi davvero di guerreggiare su più fronti? Già su quello interno è battaglia con le parti sociali a cui è stata negata la concertazione (“una palla al piede”, la definisce Pietro Ichino) e con la sinistra che lo accusa (Vendola) di applicare le ricette della destra. C’è anche il problema del supporto alle riforme da Forza Italia: non verrà meno, ma il partito è in preda al disorientamento. Tutti i sondaggi dicono che, orfani del padre carismatico, gli azzurri rischiano la debacle. Berlusconi ha escluso per ora la candidatura di una delle sue figlie (Marina o Barbara), ma la vicenda francese dimostra che rinunciare a questa opzione potrebbe essere un errore: anche perché tra i suoi colonnelli non sembra esserci l’uomo capace di prendere in mano le redini del carro che sbanda. E’ il momento in cui si avverte la perdita dell’antico delfino, Angelino Alfano (il quale punta a prendere il posto dei forzisti nel Ppe) e di mezza classe dirigente. C’è infine l’interrogativo sul ruolo che potrà svolgere il M5S. Beppe Grillo, replicando a Marine Le Pen, ha escluso di aver scartato un’alleanza antieuro per odio nei suoi confronti: semplicemente, spiega, c’è un’appartenenza politica diversa. In questo modo il leader genovese scarta la possibilità di un “traino” in Italia da parte del Front National, fiducioso evidentemente nei sondaggi che lo segnalano in crescita. Ma alle europee manca ancora tempo e colpi di scena sono sempre possibili. (di Pierfrancesco Frerè/Ansa)

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