Da ex generali a ex magistrati, stop cumulo pensioni

ROMA. – Il tetto era arrivato con la legge di stabilità di fine 2013, ma mancava ancora la circolare attuativa. Con la firma del ministro della P.A, Marianna Madia, diventa efficace il limite massimo a 311.000 euro per le somme che lo Stato può versare ad un singolo dipendente pubblico. E’ lo stipendio previsto per il primo presidente della Corte di Cassazione, che rappresenta per legge il tetto massimo per tutti i manager pubblici, il cui importo viene rivalutato anualmente. La misura colpirà diversi grand commis di Stato che, dopo la pensione assumono incarichi pubblici e che da ora in poi non potranno più cumulare interamente pensione e retribuzione. Non sono infatti rari i casi di prefetti, alti dirigenti dello Stato, generali delle Forze armate e di Polizia e consiglieri parlamentari di Camera e Senato, ma anche di ex parlamentari e amministratori locali che, una volta andati in pensione dalla loro amministrazione di appartenenza, hanno ricevuto un nuovo lavoro nel pubblico: ad esempio venendo nominati magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, ma anche commissari straordinari di enti ed amministrazioni pubbliche, o coloro che assumono incarichi ai vertici della pubblica amministrazione. Fino ad ora hanno avuto il diritto di cumulare per intero la loro pensione con l’intera retribuzione relativa al nuovo incarico. La disposizione contenuta nell’ultima legge di stabilità prevede che tali principi debbano applicarsi anche negli organi costituzionali nel rispetto dei loro ordinamenti, allo stesso tempo, sempre dal testo approvato nel dicembre scorso, il tetto non si applica ai contratti e agli incarichi in corso fino alla scadenza, ma soltanto a quelli nuovi nel settore pubblico. E colpisce anche gli ex parlamentari nazionali e regionali che percepiscono un vitalizio.

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