La giornata politica: Il ticket Guerini-Serracchiani vicesegretari del Pd

ROMA.- Il programma di riforme di Matteo Renzi, che spazia dalle istituzioni all’economia, è così complesso da richiedere effettivamente tempi certi e serrati. ”Una condizione di credibilità”, ha spiegato il premier alla Direzione del Pd. I molti progetti in cantiere non possono disperdersi in mille rivoli, come spesso è accaduto in passato. Ciò spiega perché il Rottamatore, incurante del fuoco di sbarramento della minoranza interna, abbia deciso di sfidare apertamente i suoi avversari respingendo qualsiasi modifica del decreto sul lavoro (”non è un tema a piacere”) e lanciando il ticket di vicesegretari Guerini-Serracchiani che dovrà affiancarlo nella gestione del partito. Gianni Cuperlo, leader dell’opposizione, ha definito quest’ ultima una soluzione affrettata. Ma a ben vedere è proprio il decisionismo renziano che fa la differenza rispetto alla precedenti segreterie. Anche l’offerta di una gestione unitaria del Pd, dopo le europee, è incorniciata in un quadro che prevede il pieno controllo del timone da parte del premier-segretario e il rifiuto di qualsiasi consociativismo (rigettato del resto anche nel rapporto con le parti sociali). Non ci sarà in altri termini la ”rivincita” del congresso. Renzi punta molto sugli aumenti in busta paga promessi al ceto medio (per la prima volta viene attribuita una sorta di quattordicesima, dice) e sulla possibilità di procedere senza soluzioni di continuità nelle votazioni parlamentari sul pacchetto di riforme istituzionali. Lunedì prossimo il governo presenterà il disegno di legge costituzionale di riforma del Senato e del titolo V (il federalismo), l’Italicum sarà votato da palazzo Madama dopo la riforma del bicameralismo e il premier non esclude che possa essere modificato in qualche parte. Il programma è così imponente che si capisce perché anche la Casa Bianca ne sia rimasta impressionata: se davvero tutto andrà in porto, al di là dell’effetto annuncio, si tratterà del più profondo processo di trasformazione degli ultimi trent’anni. Renzi non trascura nemmeno quelli che potrebbero apparire dettagli (come il valore simbolico della vendita delle vecchie auto blu), procede nel taglio degli stipendi dei manager pubblici (che scatteranno il 1 aprile), e gode in qualche modo del riflesso della prima vittoria italiana nella vicenda dei marò (di cui la Farnesina reclama l’immediato rientro in Italia). Naturalmente tutto ciò avrà bisogno di solide conferme. Innanzitutto nelle votazioni parlamentari in Senato, il ramo del Parlamento più insidioso e dove il governo ha già sofferto qualche stress. E poi alle imminenti elezioni europee che, per forza di cose, sta assumendo il valore di un importante test per l’esecutivo. Renzi ha bocciato l’idea di inserire il suo nome nel simbolo del Pd, nel tentativo di marcare comunque una differenza rispetto alle politiche. Tuttavia tradisce la sua preoccupazione sul montante antieuropeismo di una parte dell’ opinione pubblica con il suo insistere sulle difficoltà di Beppe Grillo. Secondo il Rottamatore i 5 stelle stanno rincorrendo un Pd che agisce mentre Grillo si limita a parlare, ma i sondaggi sono meno ottimisti: molti segnalano il sorpasso dei grillini su Forza Italia e soprattutto la totalità delle indagini demoscopiche dice che c’è ancora quasi metà dell’elettorato orientato all’astensione o indeciso sul voto. E’ su questo fronte che si giocherà la partita decisiva. Ecco la vera ragione della corsa contro il tempo di Renzi: si tratta di presentarsi alle urne con qualcosa di molto concreto già in tasca, qualcosa che possa convincere i cittadini che le cose sono cambiate e che non si tratta delle solite promesse. Come dice Ivan Scalfarotto, Renzi progetta una grandeur italiana, spera di costringere l’Europa ad abbandonare le politiche di austerità per puntare tutto su crescita e lotta alla disoccupazione. Secondo il ministro Padoan ne esistono le condizioni, soprattutto se si riuscirà a sburocratizzare il Paese, superare la rigidità delle parti sociali che frena lo sviluppo, e soprattutto creare uno schieramento di Paesi che accerchi politicamente la Germania (dalla Francia alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti). Un piano ambizioso, forse fin troppo: ma fino a qualche mese fa anche impensabile. E’ questa la novità. (di Pierfrancesco Frerè/Ansa)

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