Siria: Più di 150 mila i morti, ottomila sono bambini

BEIRUT. – La guerra in Siria è un’ecatombe senza fine. Più di 150 mila persone sono morte in tre anni di violenze: tante quante sono state uccise in 15 anni di guerra civile che insanguinò il Libano fra il 1975 e il 1990. Un terzo delle vittime della mattanza siriana è costituito da civili e di questi almeno ottomila sono bambini. Il bilancio, non verificabile in ogni sua voce, è stato diffuso dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Osdh), una piattaforma che dal 2007 monitora le violenze nel Paese che è vicina alle opposizioni anti-regime. Le Nazioni Unite hanno invece smesso da mesi di contare i morti in Siria. Sul terreno anche ieri si è combattuto sui vari fronti: quello più caldo è la regione costiera, feudo della famiglia presidenziale degli Assad e degli altri clan alawiti – branca dello sciismo – al potere da quasi mezzo secolo. Dal 21 agosto scorso, ribelli islamici e qaedisti hanno sferrato un’offensiva contro alcune roccaforti lealiste sulle montagne che sovrastano, a est, il porto nord-occidentale di Latakia. Da quelle regioni giungono notizie non confermate di una controffensiva lealista a ridosso di una collina, detta Osservatorio 45, che domina una valle di villaggi alawiti. Nelle ultime 24 ore si erano diffuse notizie di lanci di razzi Grad contro Qirdaha, la città natale degli Assad a est di Latakia e di attacchi con mortai a uno degli aeroporti militari usati dal regime per ricevere rifornimenti dall’Iran e dalla Russia. Nel bilancio dettagliato e complessivo delle violenze in corso dal marzo 2011 a oggi fornito dall’Ondus si legge che dal 2011 a oggi 37.781 miliziani ribelli, tra cui qaedisti, sono morti negli scontri e che 58.480 miliziani filo-regime sono caduti. Tra questi, 35 mila sono i militari governativi di Damasco e 364 i jihadisti sciiti libanesi Hezbollah. L’agenzia ufficiale siriana Sana riferisce dell’uccisione, sempre ieri, di dieci civili, tra cui dei minori, in diversi attacchi con mortai sferrati dai terroristi, termine usato indistintamente per chiunque abbia preso le armi contro il regime. Per i Comitati di coordinamento locali degli attivisti anti-Assad, le forze lealiste hanno invece ucciso 32 persone, tra cui sei donne e 11 minori. secondo i Comitati, che riportano le generalità delle vittime, due persone sono morte sotto tortura. Diciannove uccisi si registrano ad Aleppo e nei suoi dintorni: la regione settentrionale in mano ai ribelli di varie affiliazioni continua a essere giornalmente bersaglio di barili-bomba sganciati da elicotteri del regime. Tra le vittime si registrano la donna Zahra Akush e sua figlia Amun Shello, assieme ad altre sette persone cadute ad Atareb. Un’altra madre con la figlia sono state uccise in modo analogo a Orm al Sughra, sempre vicino ad Aleppo. La Sana rende invece noto che negli attacchi con mortai i terroristi hanno ucciso civili ad Aleppo, Idlib e Damasco. Tra i feriti ci sono anche studenti di una scuola della capitale investita da proiettili sparati dai ribelli. Per suo conto, il regime ha proseguito i bombardamenti di artiglieria e aerei su sobborghi di Damasco solidali con la rivolta: Zabadani e est, Daraya a sud-est, Assali a sud. In quest’ultima località le parti in conflitto hanno tentato di mediare invano una tregua. Mentre nel campo profughi palestinese di Yarmuk, alla periferia di Damasco, la tregua regge, si continua a morire per l’assedio imposto dal regime: Muhammad Karkuli e una donna, Khawla Bahensawi, sono morti per mancanza di medicine. (Lorenzo Trombetta/Ansa)

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