Kiev accusa Russia. Mosca denuncia terrorismo

MOSCA. – La strage del 18-20 febbraio di Maidan, nel centro di Kiev, dove furono uccisi 76 manifestanti (e diversi poliziotti), sarebbe stata ordinata dall’allora presidente ucraino Viktor Ianukovich ed eseguita dalle forze speciali dei Berkut. Ma il piano fu elaborato e attuato anche da uomini dell’Fsb, i servizi segreti russi: è la requisitoria che emerge dai risultati preliminari dell’inchiesta sbandierata dal nuovo potere ucraino, sullo sfondo di una girandola di accuse, controaccuse e smentite incrociate con il Cremlino. Immediata la replica di Mosca, che non solo ha negato ogni coinvolgimento, ma ha replicato rivelando a sua volta presunti piani “terroristici” di attivisti dell’ultradestra ucraina in Russia, oltre ad annunciare un secondo rincaro nel giro di pochi giorni del costo del gas per Kiev, che dipende per il 60% da Gazprom: 485 dollari, una delle tariffe più alte applicate ai Paesi europei. Con l’accordo del 2010 per la proroga della base navale di Sebastopoli, è stato infatti cancellato anche lo sconto di 100 dollari per 1.000 metri cubi. Il debito ucraino è salito intanto a 2,2 miliardi di dollari e la Russia intende farsi restituire pure 11 miliardi di dollari di sconto anticipato. Ma è soprattutto la guerra dei sospetti e delle denunce reciproche a salire di tono, alimentata da toni di apparente propaganda contrapposta. Accusati dai nuovi vertici politici dei servizi ucraini di aver partecipato alla regia della repressione anti Maidan, i servizi segreti russi hanno annunciato nelle stesse ore l’arresto di 25 cittadini ucraini, tra cui tre esponenti del movimento di estrema destra Pravii Sektor, incriminati per attività sovversiva per non meglio precisati attentati in sette regioni russe in programma per il 14-16 marzo: e i fermati avrebbero già “confessato di aver ricevuto istruzioni” proprio dall’intelligence di Kiev. Sulla trincea opposta, la parte più inquietante dell’indagine sull’eccidio del Maidan è viceversa quella del presunto coinvolgimento russo: dapprima ventilato, poi smentito e ora di nuovo denunciato dagli apparati ucraini. ”Agenti dell’Fsb hanno partecipato alla pianificazione ed attuazione della cosiddetta operazione anti terrorismo”, ha affermato in una conferenza stampa il capo dei servizi di sicurezza ucraini (Sbu) Valentyn Nalyvaichenko, esponente politico di Udar, uno dei partiti portati al potere dalla rivoluzione, con al fianco il ministro dell’interno Arsen Avakov. Si tratterebbe di 26 uomini. Non solo. L’Fsb, secondo questa ricostruzione, avrebbe mandato per via aerea addirittura ”tonnellate” di esplosivi e di armi. Con questo castello accusatorio, Kiev ribalta le tesi di Mosca – suffragata anche dai sospetti manifestati a suo tempo dal ministro degli Esteri estone in una telefonata a Catherine Ashton intercettata nei giorni successivi ai fatti – secondo cui responsabili del massacro sarebbero invece i movimenti nazionalisti di estrema destra protagonisti dell’insurrezione e in particolare quello neo-nazista di Pravi Sektor. L’Fsb ha replicato di non voler commentare ”accuse gratuite” che ”restano sulla coscienza dei servizi segreti ucraini”. E il ministero degli esteri russo ha invitato a ”non tirare conclusioni affrettate e politicizzate”. Certo, potrebbe trattarsi di un tentativo di scaricare le colpe sul Cremlino, ma se emergessero delle solide prove Putin si troverebbe in forte imbarazzo, avendo sempre condannato le ingerenze esterne nella vita di un Paese straniero. Per ora, tuttavia, secondo il capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov, le dichiarazioni delle autorità di Kiev ”sono contraddette da una grande quantità di prove contrarie”. L’inchiesta ucraina asserisce che a dare “l’ordine criminale” di sparare fu Ianukovich in persona. E che ad eseguirlo furono in particolare “cecchini” dei Berkut, 12 dei quali sarebbero stati identificati, malgrado i tentativi di insabbiamento imputati alle vecchie autorità. Alcuni sarebbero tuttavia fuggiti in Crimea. Gli agenti anti sommossa avevano anche una unità nera, quella che faceva il lavoro sporco. Mosca replica comunque punto su punto e non solo a Kiev, ma anche alla Nato: richiamando il suo rappresentante a Bruxelles, il generale Valeri Ievnevich, dopo la decisione occidentale di sospendere ogni cooperazione civile e militare. Mentre Lavrov, chiede all’Alleanza spiegazioni dettagliate sui piani per rafforzare la presenza nell’Europa dell’est e invita Kiev e i suoi ”sponsor occidentali” a non enfatizzare le esercitazioni delle forze russe al confine orientale con l’Ucraina: ”le truppe rientreranno alla base – rassicura genericamente senza indicare date – non appena terminati i loro compiti”. (Claudio Salvalaggio/Ansa)

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