Kiev tende la mano all’est e apre a autonomia

MOSCA. – Il premier ucraino Arseni Iatseniuk è volato a Donetsk e a Dnipropetrovsk per giocare sul terreno la carta del dialogo contro i malumori del sud-est russofono, mentre continua lo scambio di accuse tra Mosca e l’Occidente (Nato compresa), con Obama che rilancia la minaccia di ulteriori sanzioni in caso di una escalation della crisi. Il viaggio di Iatseniuk ha congelato il ricorso alla forza dopo la scadenza dell’ultimatum di 48 ore intimato ai filorussi armati che hanno occupato alcuni palazzi del potere. Il capo del governo non ha incontrato gli insorti, ma i rappresentanti istituzionali ed economici di queste regioni irrequiete, con la presenza mediatrice dell’oligarca Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco e più influente del Paese, già sponsor del deposto presidente Ianukovich. Iatseniuk ha fatto una serie di aperture assicurando di mantenere la legge che riconosce lo status del russo come lingua regionale e promettendo prima delle presidenziali del 25 maggio un decentramento dei poteri attraverso una riforma costituzionale. Decentramento, e non, come chiedono Mosca e gli insorti filorussi, la federalizzazione del Paese, esclusa tassativamente anche dal presidente ad interim Oleksandr Turcinov per il rischio di frammentazione dell’Ucraina. Ma Iatseniuk ha prospettato anche una nuova legge per tenere referendum regionali, vietati dalla costituzione vigente: il premier non ha precisato quali limiti avranno tali consultazioni ma appare logico supporre che non potranno portare alla secessione. Si tratta comunque di un’altra mano tesa verso la protesta, benché non sia ancora chiaro se le offerte del governo soddisferanno i separatisti, che attendono di vedere “passi concreti”. Per ora gli insorti continuano a restare barricati nel palazzo del governo di Donetsk e nella sede dei servizi segreti di Lugansk, rifiutando l’amnistia proposta da Turcinov per chi depone le armi. Intanto resta aperta la guerra del gas dichiarata all’insolvente Kiev da Putin, che in una lettera a 18 capi di Stato e di governo europei ha ammonito sul rischio delle interruzioni delle forniture al vecchio continente. “Il nostro messaggio non cambia: è interesse di tutti che l’energia non sia usata come strumento politico”, ha commentato la portavoce della Commissione Ue, Pia Ahrenkilde, precisando che la “risposta politica” sarà definita nel Consiglio Esteri di lunedì. “Il 70% dell’export russo di energia è verso l’Europa e rappresenta il 50% delle entrate federali. Teniamo a mente queste cifre”, ha aggiunto. Putin ha preferito chiarire il senso della sua lettera, ribadendo che Mosca onorerà completamente i suoi obblighi di fornire gas all’Europa ma che “il problema è assicurare il transito attraverso l’Ucraina” se Gazprom sarà costretta a chiudere i rubinetti a Kiev per il mancato pagamento del metano. L’Ucraina ha definito “inaccettabile” il prezzo di 480 dollari per mille metri cubi e ha annunciato non solo che chiederà l’annullamento del contratto del 2009 ma anche che è in trattative con la compagnia energetica tedesca Rwe e con un’altra compagnia francese per importare gas europeo con il metodo del reverse flow. Obama, parlando con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha “sottolineato la necessità che gli Stati Uniti e l’Unione Europea e gli altri Paesi partner si preparino a rispondere ad una ulteriore escalation russa (in Ucraina) con nuove sanzioni”. Resta alta anche la tensione tra Nato e Mosca: lo stato maggiore russo ha contestato alla Nato di aver diffuso immagini satellitari sulla presenza massiccia di truppe russe vicino al confine ucraino che – secondo la Russia – risalgono a esercitazioni di otto mesi fa, ma l’Alleanza ha confermato la vericidità delle date. Il ministero degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha assicurato che Mosca non ha alcun piano di far aderire le regioni sud-orientali dell’Ucraina alla Russia (“contraddice i nostri interessi”) e ha negato la presenza di militari e agenti in quell’area, respingendo così le accuse ucraine e americane sull’attività di “agenti provocatori” russi per creare il caos e quindi il pretesto per un intervento militare. Nel frattempo è stata confermata la riunione quadripartita tra Ucraina, Russia, Stati Uniti e Unione europea per il 17 aprile a Ginevra. Un incontro – ha spiegato il dipartimento di Stato americano – per “continuare negli sforzi per disinnescare la situazione e trovare una soluzione diplomatica”. (Claudio Salvalaggio/Ansa)