La giornata politica: Rinviato il pareggio di bilancio al 2016

ROMA. – Il rinvio del pareggio di bilancio al 2016, approvato a maggioranza assoluta dal Parlamento, serve nelle intenzioni del governo a sostenere una ripresa ancora ”fragile”. . Ma a ben vedere da questa ”procedura eccezionale” Matteo Renzi potrebbe incassare anche un dividendo politico: per la prima volta infatti si incrina il totem dei vincoli Ue. E’ come se il Rottamatore intendesse dimostrare con i fatti che un altro percorso di rientro è possibile, scavando nelle pieghe della flessibilità prevista dai trattati europei. E in effetti se la commissione Ue approverà la richiesta italiana (difficile da bocciare senza giudicare implicitamente non credibile la manovra economica varata dall’esecutivo), ci sarà la dimostrazione che già nei mesi passati si sarebbe potuto avere un diverso atteggiamento nei confronti del merkelismo: una critica indiretta, ma chiara, alla linea dei governi Monti e Letta. In attesa della risposta dell’euroburocrazia, il tandem Renzi-Padoan lima gli ultimi aspetti del Def, il documento di economia e finanza: bonus di 650 euro per il 2014 ai redditi fino a 25.000 euro, tagli dell’Irap, tagli anche a sanità e difesa. Si tratta di far percepire il reale cambio di passo: e non è esagerato dire che sull’accoglienza della manovra il premier stavolta si gioca le sue carte migliori in vista del test delle elezioni europee. Il Rottamatore sa di camminare sul filo del rasoio. Non lo preoccupa tanto la minoranza dem, richiamata all’ordine da Gianni Cuperlo con l’ineccepibile argomento che criticare il governo equivale a segare il ramo sul quale è seduto tutto il Pd, quanto i malumori che serpeggiano tra gli alleati centristi. Il Nuovo centrodestra in particolare teme la resurrezione di Silvio Berlusconi e ha bisogno di difendere l’impianto concordato delle riforme, compresa quella del lavoro che ha subito alcune modifiche in commissione. Maurizio Sacconi parla di ”maggioranze variabili” che il Ncd non può tollerare e di un Pd incline a smontare il testo originario per coprirsi a sinistra. Allo stesso tempo gli alfaniani cercano spazio al centro attraverso l’alleanza con l’Udc di Casini e i popolari di Mauro. Obiettivo dichiarato la ricostruzione di un’area moderata che non escluda nemmeno Forza Italia ”ma non con il vecchio schema”, vale a dire con il Cav in posizione di dominus. Casini fa sapere che si tratta di una partita strategica se si vuole evitare l’affermarsi di un bipolarismo Pd-M5s. Ma ciò significa riconoscere implicitamente che il percorso politico di Berlusconi non è ancora tramontato. Secondo i sondaggi infatti il peso di Forza Italia si aggira ancora attorno al 20 per cento (”un miracolo senza la mia presenza in Tv”, dice il Cavaliere) contro poco più del 5 dei centristi coalizzati. Il salvataggio del centrodestra sarà con ogni probabilità uno dei temi più complessi dei prossimi mesi. Molto dipenderà dall’atteggiamento di Berlusconi che per ora dimostra di aver preso sportivamente l’affido ai servizi sociali (”il volontariato sarà un piacere, ho sempre fatto attività di supporto”). Al di là del solito armamentario, l’ex premier punta per le europee su un mix di rivincite ed euroscetticismo: forte delle analisi di Tremonti, secondo il quale nel 2011 a rischiare il fallimento furono le banche tedesche e francesi che con l’assenso di Monti riuscirono a ribaltare le perdite sull’ Italia, Berlusconi reclama una linea di politica comunitaria più incisiva per rivedere il fiscal compact e ottenere lo sforamento del tetto del 3 per cento. Non sono obiettivi molto distanti da quelli ai quali potrebbe giungere il governo nel semestre di presidenza italiana della Ue: di fronte allo spettro della deflazione che si aggira in Europa, una politica espansiva che preveda uno slittamento più generale dei tempi di rientro non è più un’ipotesi impensabile. Certamente potrebbe raccogliere un consenso significativo da Francia, Gran Bretagna, Spagna. Non è un caso che Berlusconi si sia rifiutato di dare particolari sul suo secondo colloquio con il Rottamatore: l’Italia nella seconda metà del 2014 avrà bisogno di compattezza e forse la sintonia tra i due non si limita alle riforme istituzionali. (Pierfrancesco Frerè/Ansa)