Sud Sudan: Onu, centinaia civili massacrati da ribelli

NEW YORK. – Centinaia di civili sono stati massacrati nella città di Bentiu, in Sud Sudan, dai miliziani dell’ex vice presidente Riek Mashar, ora leader dei ribelli che combattono contro le autorità di Giuba. A denunciare la strage, avvenuta a metà aprile dopo che le forze anti-governative avevano conquistato il controllo dell’importante località petrolifera, sono le Nazioni Unite. “I ribelli sono andati in una serie di luoghi dove si erano rifugiati i civili e hanno ucciso centinaia di persone in base alla loro etnia”, ha confermato la Missione Onu in Sud Sudan (Unmiss), precisando che solo nella principale moschea della città “sono stati massacrati più di 200 civili e oltre 400 sono rimasti feriti”. Inoltre, Unmiss ha fatto sapere che si sono verificati sanguinosi attacchi in una chiesa, in un ospedale e in un compound abbandonato del Pam (Programma alimentare mondiale). La missione Onu ha chiesto di porre fine immediatamente agli attacchi contro i civili e di portare i responsabili degli eccidi davanti alla giustizia. La strage é stata definita una delle peggiori atrocità nella storia della travagliata Nazione, la più giovane al mondo, da oltre quattro mesi dilaniata dalla guerra civile tra le truppe del presidente Salva Kiir e i miliziani dell’ex vice presidente Mashar. Secondo le Nazioni Unite, individui “in combutta con l’opposizione” hanno anche utilizzato una stazione radio per diffondere discorsi improntati all’odio interetnico, “istigando gli uomini di una comunità a compiere violenze sessuali sulle donne di un’altra comunità”. La situazione nel Paese “è disastrosa”, ha commentato il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric, mentre il capo delle operazioni umanitarie dell’Onu in Sud Sudan, Toby Lanzer, ha affermato che si sono verificati “episodi scioccanti”, e che i corpi delle persone ammazzate a sangue freddo giacevano nelle strade della città. Soltanto tre giorni dopo il massacro di Bentiu, inoltre, un gruppo di uomini armati ha preso d’assalto una base dell’Onu nella città di Bor uccidendo almeno 58 persone. I due attacchi sono stati condannati con la massima fermezza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il quale ha sottolineato che possono essere coonsiderati “crimini di guerra”. A causa dei combattimenti iniziati lo scorso dicembre sono già morte migliaia di persone, oltre un milione sono state costrette a fuggire dalle loro case e gli operatori umanitari hanno documentato un significativo aumento degli scontri di cui sono stati vittime i bambini. (Valeria Robecco/Ansa)

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