Ucraina: la sfida dei separatisti, il referendum si terrà

KIEV. – I filorussi dell’Ucraina orientale non hanno alcuna intenzione di posticipare il referendum indipendentista di domenica prossima. Lo ha annunciato il capo della repubblica autoproclamata di Donetsk, Denis Pushilin, facendo crollare le fievoli speranze di pacificazione sorte dopo che Putin aveva chiesto ai separatisti il rinvio del loro referendum “per creare le condizioni necessarie al dialogo”. I filorussi rinnovano così la loro sfida al governo di Kiev e all’Occidente, lasciando inascoltato il monito lanciato dall’Unione europea, che tramite la portavoce del capo della diplomazia Ue Catherine Ashton ha ribadito che i referendum proposti dai separatisti in Ucraina “non hanno alcuna legittimità democratica”, “possono solo peggiorare la situazione” e “non si devono tenere né l’11 maggio né mai”. Da parte sua, il nuovo governo filo-occidentale ucraino aveva già precisato che l’operazione militare nel sud-est dell’Ucraina sarebbe comunque proseguita, indipendentemente dalla decisione dei secessionisti sul possibile rinvio del referendum. Kiev infatti non si fida minimamente del leader del Cremlino, e infatti il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha accusato Putin di “vendere vento” dopo che questi aveva chiesto ai filorussi il rinvio del voto. Le parole del presidente russo sono invece state accolte positivamente dal presidente del consiglio Ue Herman Van Rompuy, che ha parlato di “volontà di de-escalation” della crisi da parte di Mosca, e dal ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, che ha sottolineato il “tono costruttivo” usato da Vladimir Putin. Da Mosca non è però arrivato alcun commento quando è stata resa nota la decisione dei filorussi di non rimandare il referendum. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, si è limitato ad affermare che i “nuovi sviluppi” dovranno essere “analizzati”, ma per alcuni esperti quella di Putin è in realtà una mossa per dimostrare ai suoi avversari di non avere il controllo dei separatisti (che per Kiev sono armati da Mosca e sostenuti dai servizi segreti militari russi) e per mostrare formalmente di essere a favore di una soluzione pacifica alla crisi, anche per evitare di incorrere in ulteriori sanzioni da parte dell’Occidente. Come quelle a cui starebbe pensando la Ue, dirette stavolta non più solo contro individui o società da essi controllate ma volte a colpire le compagnie russe che hanno rilevato società e aziende confiscate ed espropriate in Crimea. L’ultima parola spetterà al Consiglio Esteri in programma lunedì prossimo a Bruxelles. Che i filorussi guardino a Mosca è comunque evidente, e lo stesso leader della ‘Repubblica Popolare di Donetsk’, Pushilin, pur declinando l’invito del leader del Cremlino a procrastinare il voto, ha ringraziato Putin definendolo “qualcuno che si preoccupa per la gente del sud-est dell’Ucraina”. Per Kiev invece si tratta solo di “una beffa” e non c’è “nessun segno di buona volontà” che arriva da Mosca, anzi, secondo il ministero degli Esteri ucraino, la Russia sta cercando di ripetere nelle regioni russofone lo stesso “scenario già messo in atto in Crimea”, la penisola sul Mar Nero che la Russia ha di fatto inglobato a marzo dopo un’invasione militare ‘soft’ e un referendum separatista. La situazione in Ucraina resta tesissima. Mentre i separatisti pensano al loro referendum, i combattimenti tra filorussi e forze fedeli a Kiev hanno già fatto decine di morti e minacciano le ormai vicine presidenziali del 25 maggio, che legittimerebbero la rivolta di Maidan che ha portato alla caduta del regime di Viktor Ianukovich a febbraio. Per cercare di trovare una soluzione pacifica alla crisi, il segretario generale dell’Osce Lamberto Zannier è già arrivato a Kiev, mentre il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy è atteso in Ucraina lunedì prossimo. Intanto, pur accettando l’invito del presidente francese Hollande a partecipare alle cerimonie di commemorazione dello sbarco in Normandia del 6 giugno, Putin torna a usare l’arma energetica contro il governo filo-occidentale di Kiev annunciando che a partire da giugno l’Ucraina dovrà pagare in anticipo le forniture di gas russo, il cui prezzo per Kiev – che avrebbe un debito di 3,5 miliardi con Mosca per il metano – è diventato recentemente salatissimo arrivando a 480 dollari per mille metri cubi. (Giuseppe Agliastro/Ansa)