Riforme: caos Senato. Calderoli ricorre contro testo base

ROMA. – Non dura neanche un giorno la pausa di riflessione del Senato sulle riforme. Avrebbe dovuto reggere fino alle europee, per evitare condizionamenti e turbolenze elettorali. E invece Roberto Calderoli mette subito una nuova mina sul cammino del ddl del governo per superare il bicameralismo perfetto. Con il sostegno di M5S, Sel e Gal, il leghista chiede alla giunta per il Regolamento di valutare se sia valida l’adozione di quel ddl come testo base. Anche Forza Italia sposa l’iniziativa, poi ci ripensa. Ma la mossa di Calderoli torna ad alzare la tensione a Palazzo Madama. “E’ il Pd che collabora con noi” sulle riforme, dice Silvio Berlusconi al Tg1. E’ la rivendicazione di forza dell’ex Cav, dopo che i senatori azzurri sono stati determinanti martedì in commissione per approvare il ddl del governo come testo base. Ma Matteo Renzi guarda dritto al risultato: incassare il primo via libera in Aula al suo ddl per la riforma del Senato e del titolo V entro “cinque o sei settimane”, entro il 10 giugno. E si svicola dall’abbraccio del leader di FI: “Non sto costruendo un governo con Berlusconi, non sto facendo accordi segreti con lui. Con lui voglio fare un accordo” sulle riforme, “perché le regole del gioco non dovrebbero essere scritte da soli” ma “insieme”. “La gente sta dalla nostra parte. Non è immaginabile che finisca tutto in fumo”, dice Renzi al settimanale americano Time, in un’intervista rilasciata il 24 aprile. Sul superamento del Senato il leader Pd si è giocato il futuro politico e se dovesse scegliere una sola riforma da condurre in porto, indicherebbe senza dubbio quella, dice al Time: “Sono pronto a mettere per iscritto che andrà avanti”. Intanto però a Palazzo Madama il ministro Maria Elena Boschi, arrivata per assistere alle audizioni in corso in commissione, si trova a fronteggiare una nuova ‘imboscata’ di Calderoli. Su richiesta del vicepresidente del Senato viene infatti convocata per martedì prossimo la giunta per il regolamento, per stabilire se è vero, come sostiene il leghista, che il suo ordine del giorno votato in commissione “rende nulla” l’adozione successiva del ddl del governo come testo base. I due testi sono infatti in contraddizione, inconciliabili: il primo è per l’elezione diretta, il secondo per l’elezione indiretta dei senatori. Calderoli “sbaglia”, secondo Boschi, che però afferma: “Dobbiamo rispettare i lavori della giunta”. Ma nell’attesa della decisione di martedì, solleva nuove polemiche e sospetti sull’affidabilità di FI la mossa degli azzurri, che prima sostengono con tre firme (Bruno, Bernini e Palma) la richiesta di Calderoli, poi fanno marcia indietro per non essere “oggetto – affermano – di strumentalizzazioni politiche”. FI vuole “tenere in pugno Renzi e presentarsi come azionista di maggioranza di un governo Renzi-Berlusconi”, commenta Mario Mauro, che proprio sul voto del testo base si è sfilato dalla maggioranza. Mentre Corradino Mineo, esponente dell’area critica interna al Pd, si schiera con Calderoli: “Penso che la legittimità politica di un documento”, come l’odg del leghista, “che tiene conto di 27-28 ore di dibattito sia superiore” rispetto al testo base del governo “scritto prima e in parte contraddetto da quel documento”. Visto come stanno le cose, sentenzia Michele Emiliano, il Pd deve fare le riforme con il M5S, perché “la maggioranza non c’è” e il “Pd è spaccato”. Quarantatre senatori dem, assicura Calderoli a Libero, sono pronti a “tradire il governo” e affossare la riforma.

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