La Giornata Politica: Tutti contro Grillo

ROMA  – La guerra delle piazze sembra essersi conclusa senza un chiaro vincitore. Ma un leit-motiv c’è stato: tutti contro Beppe Grillo, accusato da Berlusconi di pulsioni dittatoriali e dal Pd di schizofrenia per le sue oscillazioni tra Hitler e Berlinguer.

Il fatto di aver coagulato contro di sé praticamente tutto lo schieramento politico, anche gli euroscettici, potrebbe comunque rivelarsi un elemento di forza per il leader 5 stelle: è la dimostrazione che è lui il concorrente più temuto, il vero leader anti-sistema. Il fatto poi che a Matteo Renzi sia stato assegnato il compito del ”sorpasso” sul M5S (Walter Veltroni spera che possa battere il suo record del 33,3 per cento) è un altro elemento di grande incertezza: come dice Graziano Delrio, braccio destro del Rottamatore, quando si governa si paga sempre un pegno elettorale e dunque l’obiettivo è improbo. E la possibile delusione cocente.

E’ per questo motivo che il premier ha cercato di evitare il corpo a corpo, puntando tutte le carte sul pragmatismo del suo programma: un ”giro d’Italia in 80 giorni” l’ha battezzato come un novello Phileas Fogg. Renzi sostiene di aver già modificato la prospettiva in Europa, di non voler cambiare i trattati, ma imporre all’Unione una prospettiva di crescita durante il semestre italiano di presidenza Ue.

Il punto debole è che gli indicatori economici non sembrano essersene accorti. Si può sostenere che ciò deriva dai timori di un’affermazione globale degli euroscettici: i primi risultati in Olanda e Gran Bretagna hanno parzialmente ridimensionato tali preoccupazioni, determinando un calo dello spread. Ma è davvero così?

Secondo Massimo D’Alema, dietro le tensioni indotte dal fenomeno Grillo si intuiscono le manovre della grande speculazione internazionale. E’ difficile fare previsioni. Ma è anche vero che non si possono pretendere miracoli da un governo in carica da 80 giorni: lo scontro elettorale al calor bianco ha fatto passare in secondo piano questa semplice realtà. Infatti il Rottamatore fa sapere che, qualunque sia il risultato delle urne, la maggioranza non cambierà dopo il 25 maggio: i provvedimenti impostati e le riforme hanno bisogno di tempo per essere realizzati, come era stato preannunciato al momento della fiducia. Renzi esclude anche di poter accettare un ingresso di Forza Italia nella coalizione di governo, sebbene il Cav abbia impostato tutta la sua campagna sui rischi di una deriva estremistica del Movimento 5 Stelle. Ma che fine farà il patto del Nazareno?

Già il giorno dopo le elezioni il premier chiede di riprendere al Senato l’esame delle riforme. Se i centristi dovessero uscire ridimensionati dal voto, è difficile pensare che il loro cammino possa proseguire in tutta tranquillità. Allo stesso modo, i berlusconiani potrebbero avere interesse a rimare agganciati al treno della maggioranza per dimostrare la propria indispensabilità (al Senato la maggioranza ha un margine ristretto), ma è chiaro che tutto dipenderà dai risultati effettivi: se il quadro complessivo dovesse emergerne trasformato, il partito del voto anticipato guidato dai 5 stelle potrebbe avere carte pesanti da giocare.

Intanto Grillo attacca Renzi per le riforme annunciate ma non realizzate, dalla legge elettorale al fisco e alla Pubblica amministrazione: il suo obiettivo è di farne un Berlusconi-bis. Il M5S, dice, è il vero ”piano B” dell’Europa. Nel comizio di chiusura a Roma, Grillo ha messo da parte la calma esibita nel salotto tv di Bruno Vespa e ha rispolverato i consueti toni esagitati: l’impressione è che, dopo aver cercato di agganciare i moderati delusi e indecisi, abbia deciso di puntare tutto sulla consueta verve populistica. Per lui e per Dario Fo è questo il futuro della politica.

Pierfrancesco Frerè