Premier Renzi: “Ora avanti fino al 2018”

ROMA  – Mai così in alto, oltre il 40%. Con un risultato “tecnicamente straordinario”, Matteo Renzi fa vivere al Partito democratico un giorno che “ricorderà a lungo”. Nel derby con la “paura” instillata dal populismo grillino, “vince la speranza”, proclama il premier, che nell’ora della festa non tradisce il messaggio su cui ha impostato la campagna elettorale. Ma si prepara a passare all’incasso di un successo sorprendente nelle proporzioni.

In Italia, avverte Renzi, viene a cadere ogni “alibi” per non fare le riforme subito e, da qui al 2018, sarà “rottamazione”. In Europa “è il momento”: si può aprire una “terza via” tra “populismo” e “restaurazione”.

Dopo la ‘sbornia’ di voti della notte elettorale europea, il Pd si risveglia primo come non mai, in preda a quella che su Twitter viene ribattezzata una “febbre a 40″. Mai nella seconda Repubblica un partito aveva toccato il 40,81%.

Il M5S, le cui piazze piene avevano alimentato la ‘leggenda’ del sorpasso, si ferma a 19 lunghezze di distanza: inchiodato al 21,16%, quattro punti in meno delle politiche. E Beppe Grillo, dopo aver mimato una pugnalata al cuore, deve ammettere:

“Abbiamo perso. Siamo oltre la sconfitta”.

Arriverà il tempo delle 5 Stelle, promette il leader del Movimento, nell’annunciare una “opposizione sempre più” forte ed efficace. Ma una vittoria tanto ampia consente a Renzi di scavalcare Grillo e lanciare un messaggio diretto ai suoi:

– Se continuate a usare le Camere per fare show perderete. Se cambiate, troverete ascolto per fare insieme le riforme.

Ai grillini, come ai forzisti di Berlusconi (al minimo storico al 16,82%) e agli alleati di Ncd-Udc (in Europa per un soffio, con il 4,38%), Renzi lancia un messaggio da premier, centrato proprio sulle riforme. Il leader Pd non si lascia infatti tentare da “piazzate” per festeggiare un successo “storico”, perché avverte “la straordinaria responsabilità” di agire, subito. E un mandato forte per farlo. Abbastanza forte, da consentirgli di dare davvero inizio alla “rottamazione”. Abbastanza da sanare anche il ‘peccato originale’ dell’approdo a palazzo Chigi senza elezioni. E permettergli di guardare al 2018, senza farsi tentare da un facile voto anticipato.

– Le riforme, dunque, si faranno – scommette Renzi, che ne parla al telefono anche con il presidente Giorgio Napolitano. Il premier non solo non intende “mollare di mezzo centimetro”, ma vuole “accelerare” i tempi della già fitta agenda: dall’Italicum al superamento del Senato, dalla riforma della P.a. a quella del lavoro.

– Siamo decisivi: senza FI non ci sono numeri per le riforme costituzionali – proclama Silvio Berlusconi. Poi chiama Renzi per rassicurarlo sulla tenuta del patto del Nazareno.

– Il governo non è un monocolore Pd – avverte l’alleato Angelino Alfano, sopravvissuto a un possibile “tsunami”. Ma la nascita di un gruppo parlamentare di ex grillini al Senato è solo uno dei segnali dell’ampliarsi dei margini di manovra del leader Pd in Parlamento.

– L’Italia c’è ed è più forte delle paure che l’attraversano – è il messaggio che Renzi trae dal plebiscito delle urne, che consegnano al suo Pd anche tanti Comuni (Firenze al primo turno e anche Prato) e le due Regioni in ballo (il Piemonte a Sergio Chiamparino e l’Abruzzo a Luciano D’Alfonso).

Oggi il premier sarà a Bruxelles e anche lì potrà ripartire con più forza, la forza del primo partito per risultato elettorale. In Ue cercherà di dar voce a un’Italia capofila del “cambiamento”, un cambiamento di “impostazione”, prima ancora che di regole. Lo spazio c’è, assicura il “rottamatore”. Tra i populisti in avanzata e i restauratori, Renzi vuole aprire “la terza via”. Un progetto ambizioso, che guarda apertamente al riformismo ‘blairiano’.