Van Rompuy: “Urgente cambiare L’Ue

BRUXELLES – Ora lo ammette anche Herman Van Rompuy. Vista la carica degli euroscettici, è “urgente” ed “essenziale” che l’Unione europea cambi rotta: deve diventare “anche protettiva”, “non solo dei ‘businessmen’, ma anche degli impiegati” e dei “lavoratori”, “non solo per quelli con i diplomi e che sanno le lingue, ma per tutti i cittadini”. Una vera e propria svolta, quella del primo presidente permanente del Consiglio Europeo, il belga che ha gestito insieme a José Manuel Barroso gli anni della crisi, del crollo della fiducia prima dei mercati, poi dei cittadini.

Nel giorno in cui ad Aquisgrana riceve il premio Carlo Magno, storico riconoscimento che nell’albo d’oro ha i padri fondatori dell’Europa (da De Gasperi e Adenauer a Churchill e Schumann) ma anche Giovanni Paolo II nel 2004 e Angela Merkel nel 2008, Van Rompuy di fatto riconosce gli errori e propone il cambio di rotta.

– Com’è possibile che per la gente sia l’Europa la causa del loro sentirsi indifesi e impotenti? – si è chiesto, dando la sensazione che la svolta si dovrà riflettere anche nel rinnovo dell’intero pacchetto di cariche istituzionali. La cui mediazione – con i gruppi del nuovo Parlamento e con le Cancellerie – è stata affidata proprio a Van Rompuy. E forse non è solo un caso sia stato affidato ad Enrico Letta il discorso nella cena della vigilia del premio: un appello alla riscossa dei filo-Ue, quello dell’ex premier.

– L’onda populista è montata ma in grandi paesi come Germania e la bandiera sventola ancora e quindi per noi europeisti la prossima sarà una legislatura di battaglia, durante la quale – il suo ragionamento – dovremo smetterla di essere timidi davanti alla sfida populista.

Il nome di Letta continua insistentemente a circolare a Bruxelles, nel gioco delle nomine. Fonti Ppe e S&D fanno notare da mesi che – per età, formazione politica e ‘curriculum’ – sarebbe “troppo qualificato per un posto da ‘semplice’ Commissario ma sarebbe “ideale” per la presidenza del Consiglio. Principale “ostacolo”, il fatto che dall’Italia venga anche Mario Draghi, presidente della Bce e quindi anche l’uomo più forte dell’intera costruzione europea. Ma un conoscitore di cose Ue come Mario Monti “non esclude che un italiano possa avere una posizione importante” se “l’Europa fosse in difficoltà a trovare soluzioni alternative”. Ovvero, se fosse in stallo.

Prospettiva possibile, perché tra Parlamento e Consiglio è già braccio di ferro istituzionale sulla candidatura di Jean Claude Juncker. Doppio il piano di scontro: profilo e metodo. Ufficialmente il Ppe e (tiepidamente) Angela Merkel sostengono il diritto dell’ex premier lussemburghese di cercare una maggioranza nella grande coalizione europeista Ppe-S&D-Alde. Ma molti osservano che è difficile considerare Juncker un rappresentante del rinnovamento della Ue, per non parlare del suo insistere sul “primo, ridurre il debito”.

Poi c’è l’ opposizione più generale al meccanismo degli ‘spitzenkandidaten’, inventato da Schulz e dai socialisti come preludio dell’elezione diretta del presidente della Commissione. Cameron già martedì ha detto ‘no’, così come l’olandese Rutte, l’ungherese Orban e lo svedese Reinfeldt. I quattro non bastano per fare una minoranza di blocco nel voto dei 28 a maggioranza qualificata, ma il premier di Stoccolma per il 9 giugno, giorno della Pentecoste, ha invitato Angela Merkel, con Cameron e Rutte nella sua tenuta di campagna. E da lì potrebbero arrivare le indicazioni per Van Rompuy, che dovrà fare rapporto al vertice del 26-27 giugno. La nomina poi, per rispettare i tempi, dovrà passare in plenaria entro metà luglio. Andando più in là scatterebbero la fretta e l’urgenza.