Crisi muta la famiglia: madre lavora, padre cerca e i figli via

ROMA  – La crisi trasforma le famiglie italiane. Sempre più mamme diventano i veri capofamiglia portando a casa l’unico stipendio, i mariti invece spesso si ritrovano disoccupati e a caccia di un lavoro che non c’è, mentre i figli cercano una via di fuga all’estero. E’ questo lo spaccato che viene fuori dal rapporto annuale dell’Istat, presentato dall’attuale numero uno Antonio Golini, che auspica comunque un’uscita a breve dalla recessione.

– Questa fase di recessione – ha detto al termine della relazione – può finire in base all’impegno di tutti, noi cittadini dobbiamo mettercela tutta e forse ce la faremo. E’ forse azzardato parlare già oggi di una crisi ormai alle spalle, vista la mancata crescita determinata dalla stagnazione della produttività. L’Italia –  ha osservato Golini – si è distinta nonostante tutto in Europa per aver attuato un grande sforzo di consolidamento fiscale sebbene la recessione economica sia stata tra le più profonde nel Vecchio Continente.

I segni di questa crisi sono tutti raccolti nella consueta fotografia scattata dall’Istat sul 2013. Un anno nero per le famiglie, con 3 milioni di case in cui nessuno risulta occupato. Basti pensare al dato sui genitori disoccupati aumentati di oltre mezzo milione durante la crisi. Con oltre 300mila papà rimasti senza lavoro. Forte è la crescita dei nuclei dove l’unico stipendio sicuro arriva dalla donna (2,3 milioni), mentre gli uomini hanno pagato il prezzo più caro di questa recessione: in cinque anni l’occupazione maschile ha registrato un vero e proprio crollo dei posti persi (-973mila) rispetto a una perdita totale di poco inferiore al milione.

L’Istat motiva questo dato con un mix di fattori: il primo col fatto che le donne, per effetto della riforma pensionistica, hanno dovuto prolungare la loro vita lavorativa; il secondo è l’apporto arrivato dalle straniere; infine, nelle famiglie in cui l’uomo è rimasto senza posto la moglie si è messa in cerca di lavoro. Legata a doppio filo con questa difficile condizione familiare c’è poi la realtà dei giovani sempre più decisi a spingersi al di là dei confini dell’Italia: negli ultimi cinque anni quasi 100 mila under35 (94mila) sono emigrati. Più da vicino nel 2012 hanno lasciato il Paese in oltre 26mila tra i 15 e i 34 anni, 10mila in più rispetto al 2008.

D’altra parte la disoccupazione giovanile è ai massimi e i ragazzi ripongono poche speranze in una ricerca fruttuosa del lavoro grazie al ‘curriculum’, affidandosi principalmente alla rete di amici e parenti.

Al tempo stesso calano gli immigrati, meno attratti dal Belpaese a causa del difficile contesto economico. Nel 2012 gli ingressi sono stati solo 321mila (-27,7% sul 2007), mentre gli stranieri che hanno lasciato l’Italia sono aumentati del 17,9%. L’altra faccia della medaglia è il nuovo minimo storico delle nascite, ai livelli più bassi da quasi vent’anni. Con la crisi che incalzava infatti, nel 2013, sempre meno italiani hanno avuto il coraggio di fare figli. Tanto che si stima che saranno iscritti all’anagrafe poco meno di 515mila bambini. Numeri questi che il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha commentato, in particolare sotto l’aspetto dell’occupazione, alla luce anche dei nuovi provvedimenti sul lavoro.

– La lotta alla disoccupazione – ha detto il numero uno di Via XX Settembre – non è la prossima priorità, è l’attuale. La crescita stenta ma si rafforzerà; le misure per il lavoro e una crescita più sostenuta produrranno più posti di lavoro.

Sempre in materia di occupazione la levata di scudi da parte dei sindacati. La Cgil ha esortato il Governo a seguire la strada dell’Istat per la riforma del mercato del lavoro. La Cisl poi ha puntato il dito contro la politica dell’austerity adottata dai precedenti governi per far fronte alla crisi dello spread.

– E’ questo il momento giusto per chiedere e ottenere dalla Unione Europea un allentamento delle politiche di austerità.

Parole più ottimiste infine sono arrivate dal presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha richiamato l’attenzione al recente risultato elettorale.

 

In 6,3 milioni senza posto

Gli anni della crisi sembrano assomigliarsi tutti nelle fotografie scattate dall’Istat, con l’Italia sempre in sofferenza, soprattutto sul fronte dell’occupazione. E in difficoltà non sono solo i giovani, ma anche gli over50. Tuttavia c’è chi di fronte alle forti perdite accumulate dal Paese inizia, in qualche modo, a rimboccarsi le maniche, come le donne che portano avanti famiglie dove nessun altro lavora, e le imprese che assumono nonostante la recessione. Ecco allora tutte le misure prese all’Italia con il centimetro dell’Istat.

– IN 6,3 MLN SENZA POSTO: nel 2013 ai 3 milioni 113mila disoccupati, un numero raddoppiato durante gli anni della crisi, si aggiungono 3 milioni 205mila ”forze lavoro potenziali”, ovvero persone uscite dal mercato del lavoro ma pronte a rientrarvi nell’eventualità, resa remota dai tempi che corrono, si aprisse una posizione. Tra loro ampia è la fetta degli scoraggiati (1 milione 427 mila).

– IN OLTRE 3 MLN FAMIGLIE NESSUN OCCUPATO: in sempre più case non c’è più nessuno che la mattina si alza e va a lavoro. Nel 2013 si contano oltre 2 milioni di famiglie, con almeno un membro in età lavorativa, dove non c’è nessuno che lavora o ha lavorato in passato e oggi riceve la sua pensione. In inglese questo tipo di famiglia ha un’etichetta precisa: ‘jobless’. Passando alla traduzione in termini concreti si tratta di realtà dove si va avanti facendo a meno del reddito da lavoro. E non dovrebbero passarsela bene anche le famiglie che fanno affidamento solo su una pensione, in tutto quasi un milione. Ecco che salgono a 3 milioni i nuclei dove il lavoro è un miraggio, o, al più, solo un ricordo.

– SEMPRE PIU’ DONNE CAPOFAMIGLIA: lo scorso anno le famiglie dove chi ‘porta il pane’ è una donna sono salite a 2,3 milioni, con un aumento del 34,5% sul 2008. Quindi ogni anno passato nel segno della crisi ha visto oltre 100 mila famiglie passare sotto il controllo femminile, visto che l’unica persona occupata è donna. In generale sono aumentate le realtà monoreddito (7,3 milioni). D’altra parte sempre più madri e padri si ritrovano disoccupati (+530mila in 5 anni).

– CRISI HA SPINTO 100 MILA GIOVANI FUORI CONFINE: sono precisamente 94mila gli under35 che in cinque anni, a partire dal 2008, hanno lasciato l’Italia per trovare fortuna in altri Paesi, solo nel 2012 gli ‘addii’ alla madrepatria sono stati 26mila. Tra le destinazioni principali Germania, Regno Unito, Svizzera, ma anche Stati Uniti e Brasile. E non sono solo i giovani a emigrare, in tutto sono uscite dall’Italia ben 68 mila persone, il numero più alto da un decennio. Ma la crisi frena anche gli immigrati, ridotti di oltre un quarto a confronto con il 2007.

– DRAMMA LAVORO ANCHE TRA OVER-50: A pagare dazio non sono dunque solo i giovani, anche chi ha superato la cinquantina si ritrova a fare i conti con un mercato del lavoro ‘sold out’. Gli over50 infatti si dividono in due: chi è costretto a restare a lavoro per l’inasprimento dei requisiti pensionistici e quanti, oltre un milione, vorrebbero lavorare ma non trovano niente.

– DISAGIO ECONOMICO A DOPPIA CIFRA: il 12,5% degli italiani vive in famiglie in forte difficoltà economica. Una quota che corrisponde a 7,6 milioni di persone. Un numero in attenuazione a confronto con il 2012 (8,7milioni), ma comunque alto.

– NASCITE TOCCANO FONDO: Gli effetti della crisi non si esauriscono alla sfera economica, ma vanno ad impattare anche sull’evoluzione demografica della popolazione. Nel 2013 si stima che saranno iscritti all’anagrafe poco meno di 515mila bambini, 12mila in meno rispetto al minimo storico registrato nel 1995. E intanto l’Italia si conferma uno dei Paesi più vecchi al mondo.

– IMPRESE CHE REAGISCONO, 3 SU 10 SPINGONO SU ASSUNZIONI: nonostante la crisi un terzo delle aziende ”ha mostrato forti segnali di espansione occupazionale tra il 2011 e il 2013”, spiega l’Istat. Si tratta di imprese che hanno puntato sull’estero e sull’innovazione. E’ su queste leve che poggia la possibilità dell’Italia di uscire dalla stagnazione e rilanciare la sua economia. A proposito, per l’Istat ”il Pil italiano è previsto crescere moderatamente nel prossimo biennio” (+0,6% nel 2014, +1,0% nel 2015 e +1,6% nel 2016.

Marianna Berti e Nicola Capodanno

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