Ucraina: sangue a est, Kiev rivendica 300 uccisi

MOSCA. – Guerra di numeri, ma anche guerra vera quella che si continua a combattere nell’est dell’Ucraina tra l’esercito ucraino e i separatisti filorussi, mentre in Europa un G7 orfano della Russia per la prima volta in 16 anni condanna le azioni di Mosca come ”inaccettabile” dicendosi pronto a ”intensificare sanzioni mirate”. Desta scalpore il bilancio delle vittime delle ultime 24 ore rivendicato da Vladislav Selezniov, portavoce dell’operazione militare di Kiev, secondo cui le forze di Kiev avrebbero ucciso 300 miliziani filorussi ed altri 500 sarebbero rimasti feriti, lamentando da parte sua solo la morte di due soldati e il ferimento di 45. Ma in serata Oleksandr Borodai, premier dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, ha ammesso solo la morte di nove ribelli e il ferimento di altri 15 vicino a Sloviansk, annunciando viceversa l’abbattimento di un aereo e di un elicottero. Ieri sera invece nei combattimenti nella cittadina di Krasni Liman all’esercito ucraino era stata attribuita l’uccisione di 8 miliziani e 10 civili. I secessionisti sostengono inoltre di aver conquistato due basi militari nella regione di Lugansk, una delle guardie di frontiera e una della Guardia nazionale. Diversa la versione fornita sul proprio sito dallo stesso servizio delle guardie di frontiera, secondo cui il personale della base, che si trova alla periferia di Lugansk, sarebbe stato ”trasferito in luoghi piu’ sicuri”. La Guardia nazionale ha intanto affermato che una sua caserma a Lugansk sarebbe finita ieri sotto il tiro di mortai, granate e armi d’assalto dopo che i soldati avevano respinto un ultimatum ad arrendersi da parte dei ‘ribelli’: tre militari sono rimasti feriti e tutto l’edificio e’ andato distrutto nel combattimento, insieme ai veicoli della base, mentre secondo un portavoce dei filorussi i soldati si sono arresi e hanno ottenuto di tornarsene a casa. Tutte informazioni difficili da verificare con fonti indipendenti. Come pure l’affermazione dello stesso Borodai, secondo cui i militari della guardia nazionale ucraina avrebbero fucilato tutti i miliziani filorussi feriti che si trovavavo ricoverati nell’ospedale di Krasni Liman, a circa 130 chilometri di distanza a nord da Donetsk. Un atto barbaro di cui parla la tv Rossia 24, ma per ora non trova nessuna conferma ne’ smentita da parte delle autorita’ municipali. Il comitato d’inchiesta russo, intanto, ha annunciato la creazione di una nuova commissione incaricata di ”chiarire i crimini internazionali perpetrati contro la popolazione civile in Ucraina”. Come nel caso del raid aereo di lunedi’ scorso a Lugansk, in particolare contro il palazzo dell’amministrazione regionale, nel quale sono morte almeno otto persone, tra cui diversi civili. Il video shock dell’episodio sta diventando virale nel web russo, dove testimoni hanno diffuso le atroci immagini delle vittime e degli effetti di un attacco che anche gli osservatori dell’Osce ritengono frutto di ”missili non guidati sparati da un aereo”. Il governo di Kiev ha negato finora ogni responsabilita’, sostenendo che i danni sono stati provocati da un’arma anti-aerea, fatta partire accidentalmente da alcuni miliziani. Ma le immagini sembrano dargli torto. Frattanto restano dispersi i due gruppi di osservatori Osce di cui si sono perse le tracce il 26 maggio a Donetsk e il 29 maggio a Lugansk. A lasciare qualche spiraglio di speranza e’ stato oggi il presidente ucraino eletto, Petro Poroshenko, che dopo l’incontro con il presidente Usa Barack Obama a Varsavia si e’ dichiarato pronto ad presentare un piano per una soluzione pacifica nell’est ucraino subito dopo la cerimonia del suo insediamento, in programma sabato prossimo a Kiev. (Claudio Salvalaggio/ANSA)