Renzi al Pd, basta mediazioni non ho 40% per vivacchiare

ROMA. – “Non è più il tempo delle mediazioni”. Va bene discutere, “ma non mi rassegno che vinca la palude”. Matteo Renzi va avanti deciso: “Non ho preso il 40% per stare a vivacchiare”. Le riforme si devono fare e si faranno, dice a muso duro il premier ai ‘dissidenti’ del Pd. Ribadirà il concetto domani davanti all’assemblea del partito: “Se ci sono alcuni senatori che vogliono esprimersi in libertà di coscienza facciano pure, i voti ci sono anche senza di loro”. Il tema delle riforme sta molto a cuore al presidente del Consiglio: la richiesta di “cambiare l’Italia” è venuta dal 40,8% di italiani che hanno votato il suo Pd alle europee, ma le riforme destano grande attenzione anche tra gli interlocutori internazionali. Di ritorno da un viaggio in Oriente, alle 6.30 Renzi si mette al lavoro a Palazzo Chigi per riprendere il filo dell’azione di governo con le misure sulla P.a. e la semplificazione. Domani poi ai membri dell’assemblea dem riuniti all’Hotel Ergife delineerà la strategia politica di un Pd che vuol “mettere la residenza” al 40%. Ma in serata quasi non si trattiene, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, dall’anticipare le linee del messaggio che invierà domattina ai membri dell’assemblea dem riuniti all’Hotel Ergife di Roma, quando delineerà la strategia politica di un Pd che vuol “mettere la residenza” al 40%. “Il tempo delle mediazioni è finito”, è il concetto di partenza e di arrivo del suo ragionamento. “Se davanti agli elettori delle primarie e delle europee non andiamo avanti con le riforme per il potere di blocco di un senatore, ci prendono per matti e ci ricoverano tutti. Un senatore può esprimere le sue posizioni in Aula, non espelliamo nessuno ma in commissione è doveroso che ci siano i numeri” per andare avanti, è il ragionamento con cui il segretario del Pd chiude il discorso sul tema dell’espulsione di Corradino Mineo. A lui, come agli altri 13 senatori che si sono ‘autosospesi’ dal gruppo al Senato, lancia una frecciatina: cercano i “15 minuti di celebrità”. Poi però non lascia spazio a dubbi: era a conoscenza e ha sostenuto la sostituzione in commissione, che avviene “secondo le regole” e non con spirito “dittatoriale”. Perché c’è da fare le riforme a allora Renzi e il suo Pd “non guardano in faccia a nessuno”. Non a Orsoni, che ha patteggiato e quindi “non poteva più fare il sindaco”. Non a chi sale sulle barricate in Parlamento. Il Pd non “epura” e non caccerà nessuno se voterà contro le riforme in Aula, ma in commissione, sottolinea il premier, andavano eliminati i blocchi, con la sostituzione di Mineo come del popolare Mario Mauro. Perché non ci si può far impantanare nelle “paludi”. Nel merito, “se c’è da incontrare Berlusconi o altri leader di forze politiche” per discutere dei testi “sono pronto”, dice Renzi, che si dice convinto che la posizione di Forza Italia sulle riforme non sia cambiata. Ma aggiunge che al Pd “va data la responsabilità di cambiare il Paese”. Dunque i freni non possono venire proprio dalle fila dem. Domani il segretario rinnoverà l’invito alla minoranza di partecipare a una gestione unitaria del partito. Il rinnovamento della segreteria, cui ha lavorato nelle ultime settimane Lorenzo Guerini, verrà fatto con ogni probabilità la prossima settimana. Ma già domani l’assemblea sarà chiamata a eleggere un nuovo presidente, dopo le dimissioni di Gianni Cuperlo. In tarda serata, quando Guerini fa il suo ingresso a Palazzo Chigi per incontrare il leader del Pd, però il rebus non è sciolto. La proposta alle minoranze era trovare tra loro un accordo. Ma il nome del ‘giovane turco’ Matteo Orfini incontra l’opposizione della minoranza di Area riformista e cuperliana. E non c’è accordo neanche su Paola De Micheli. Per questo l’ultima parola viene lasciata a Renzi: a lui l’onere di proporre un nome. Con l’auspicio di larga parte della minoranza che sia ‘di garanzia’. Identikit: un amministratore locale, una donna “fuori dalle correnti” o anche uno dei ‘padri’ del partito. Si fa largo il nome dell’ex segretario Guglielmo Epifani. Ma in circolazione se ne sentono parecchi, da Carrozza a Nicolini, a Zingaretti o Chiamparino. Una notte ‘di lavoro’ attende il segretario. (Serenella Mattera/ANSA)

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