Mondiali: il “genio” di Sirigu, paro e sono felice di me

MANGARATIBA (RIO DE JANEIRO). – Sostituisce Buffon senza farlo rimpiangere ma dice che ”con lui non c’è lotta”. Imita Balotelli nella sua strana calata bresciana e ne smonta il personaggio. Salvatore Sirigu non prova neanche a smentire la fenomenologia del calcio secondo cui il portiere è fuori dagli schemi. ”In Francia – racconta due giorni dopo il felice esordio al Mondiale – ho comprato un cavallo prima di partire per il Mondiale: sul passaporto si chiamava ‘genial’, mi è piaciuto quel nome e l’ho solo italianizzato: Genio”. Nei lampi di storia del Mondiale, tra le elevazioni vincenti di Pelè o le triplette alla Paolo Rossi, sanno farsi spazio anche quei flash da numeri 1: come il volo di Buffon per togliere da sotto la traversa il colpo di testa di Zidane, a Berlino, o Zoff che blocca sulla linea il pallone di Socrates nell’82. Sirigu sa però che un gol evitato è come un albero che cresce, fa meno rumore dei tanti che vengono tagliati. Forse anche per questo assicura di non sentirsi in gara con Buffon. ”Tra lui e me non c’è lotta, sono realista”. Dalla sua lampada di aladino, intanto, il portiere del Paris Saint Germain ha tirato fuori il primo dei desideri irrealizzabili: parare per l’Italia in Coppa del Mondo, nonostante il titolare sia considerato il miglior del secolo nel suo ruolo. ”Nella vita bisogna essere realisti – frena lui, che per mestiere deve tenere i piedi ben piantati a terra – Non mi sento in competizione con Buffon, lui è molto più di un giocatore. Mi ha raccontato la sua felicità perché giocavo io, ora sarei contento se recuperasse in tempo per Costa Rica. In questo Mondiale, oltre a Gigi, mi piacciono Neuer e Courtois: uno e’ il portiere moderno, l’altro già una garanzia. Dove sono io nella top ten non lo so, e neanche mi interessa. Non mi baso mai su quel che gli altri dicono di me. Per essere felice, mi basta sapere che ho tirato fuori tutto quello che avevo dentro quando paro”. Dentro deve esserci un bel mondo. L’infanzia a Nuoro, la mamma professoressa di lettere, la storia dell’arte come materia preferita. Poi il passaggio a Palermo e l’investitura di Zenga, per il quale ‘walterino’ era un predestinato. Non aveva chiarito che il destino era finire a Parigi, ”una città dove respiro arte, amo viverla ogni giorno”, oltre – si intende – giocare in Champions e sentirsi finalmente da Mondiale. ”Non e’ detto che per sentirsi realizzati si debba fare la valigia – racconta oggi, e potrebbe farlo anche nel perfetto francese imparato in soli due mesi con sorpresa di tutti i media parigini – ma andare all’estero è una crescita mentale, un’esperienza di vita. Io, poi, giocando la Champions ho scoperto una nuova dimensione. E ho capito di poterne far parte”. Da Parigi, a dire il vero, ha scoperto anche altro. ”Mi piace che arrivi il Mondiale e l’azzurro faccia sentire tutti italiani. Io da lontano osservo il teatrino di casa nostra – racconta – e mi diverte, dico davvero. Siamo un popolo particolare, ci piace lo sfottò tra squadra e squadra, tra regione e regione. Poi tutti italiani: ma e’ il bello di questa maglia”. Se dovrà togliersela o rimettere – come più probabile – anche alla prossima non sembra interessargli più di tanto. ”Non so se giocherò: in allenamento ho avuto una botta di stanchezza, ma fisicamente sto bene. So però che Costa Rica è molto pericolosa – la sua convinzione – specialmente con questo clima: l’avevo detto in un’intervista in Francia. Ho affrontato Campbell in Champions, con l’Olimpiacos, mi ha impressionato. La loro vittoria con l’Uruguay ha scombussolato un po’ tutti, vorranno continuare a stupire il mondo”. Ci sarà tempo per pensare al prossimo avversario. Intanto Sirigu si rilassa con ‘Il punto vincente’, l’autobiografia di Novak Djokovic, e un po’ di videogiochi. ”Quelli di calcio non sono fatti per me, lì spazio a Cerci e Insigne; nel basket De Rossi mi batte ma si crede di essere forte e invece le prende da Perin. Ma nei giochi da tattica militare sono da medaglia d’oro”. Come nell’imitazione di Balotelli: in quelle dicono sia ancora più geniale che nelle parate. (dell’inviato Francesco Grant/ANSA)

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