Usa: così l’Fbi studia il gergo di internet

NEW YORK. – Internet è una giungla di termini incomprensibili ai più. E tanto che per capire meglio il gergo della rete, è scesa in campo niente meno che l’Fbi, creando un glossario ad hoc. Ci sono volute 83 pagine e 3.000 parole per decifrare i neologismi usati sul web. E grazie alla richiesta effettuata dall’organizzazione MuckRock in base al Freedom of Information Act, il vocabolario è stato reso pubblico e accessibile a tutti. L’iniziativa ha suscitato un po’ di ilarità: se è vero che gli agenti dell’Fbi devono comprendere il gergo di internet, poiché sono sempre di più i criminali che agiscono in rete, diversi osservatori si interrogano sull’effettiva utilità di redigere un tale elenco. E si domandano quanti reati le autorità potranno decifrare e scovare grazie a questi termini. Ad accrescere i dubbi è stata anche l’affermazione dell’Intelligence Research Support Unit (Irsu) del Bureau, secondo cui la lista “si rivelerà utile sia professionalmente che per tenere il passo con i figli e nipoti”. Secondo quanto ha spiegato nell’introduzione dall’Irsu, tuttavia, il documento rappresenta un primo tentativo di standardizzare il linguaggio e le abbreviazioni usate in rete. E, riporta il Washington Post, nonostante il titolo del glossario sia ‘Twitter Shorthand’, non si limita ad analizzare i termini che compaiono sul sito di microblogging, ma anche quelli divenuti famosi su altri social network e piattaforme di chat, tra cui Facebook e Myspace. Tra le parole più comuni c’è LOL (“Laughs out loud”, ridere ad alta voce), ma ci sono anche termini meno utilizzati come AMOG (“Alpha male of group”, maschio alfa del gruppo), o ALOTBSOL (“Always look on the bright side of life”, guardare sempre il lato positivo della vita). Quest’ultimo per esempio, afferma il Washington Post, è stato utilizzato soltanto 500 volte in tutti gli otto anni di storia di Twitter. Ci sono poi altre abbreviazioni considerate dagli esperti più utili: sono CRUNK (“Crazy and drunk”, pazzo e ubriaco), oppure FF (per indicare una raccomandazione di seguire qualcuno a cui ci si riferisce in un tweet). Senza contare tutta la serie delle abbreviazioni dei verbi come HAFTA (“Have to”, devo), o IMA (“I’m going to”, sto andando). Fatto sta che per il Post si tratta di una iniziativa del tutto “fuori dalla realtà”. (Valeria Robecco/ANSA)