Renzi, ancora non finita la crisi, mille giorni per farcela

ROMA. – Una “sfida al Parlamento” sul medio periodo: mille giorni per riformare il Paese. Dopo i primi cento giorni “più o meno scoppiettanti”, dopo aver incassato un tesoretto di oltre il 40% di voti e alla soglia del semestre di guida dell’Ue, Matteo Renzi rilancia l’azione del suo governo su un orizzonte di legislatura. Con un “pacchetto di riforme” da realizzare da qui al 2017. I cinque stelle attaccano: è un “bluff”, con l’obiettivo di stiracchiare il cronoprogramma. Nessun rallentamento, replicano dal governo: si va avanti come indicato, ma con il respiro di un “arco di tempo ampio”. Parla allo stesso tempo ai parlamentari italiani e ai partner europei, Matteo Renzi. La partita per imprimere al Paese il cambiamento promesso, si gioca – è consapevole il premier – a Roma, quanto a Bruxelles. Bisogna portare avanti un piano organico di riforme in Italia, per dimostrare all’Europa che questa volta si fa sul serio. E bisogna esigere dall’Europa, sulla base di quel piano, più “flessibilità” per poter davvero realizzare quanto programmato, creare lavoro e innescare davvero la ripresa. Perché “l’Italia è uscita dalla depressione psicologica ma non ancora dalla crisi”. Almeno, “non tutta”. E’ all’esempio della Germania che guarda esplicitamente il premier. Nel 2003, l’ultima volta che l’Italia ha avuto la presidenza di turno dell’Ue, il tedesco Schroeder, moderno “Noè che costruisce l’arca prima che arrivi il diluvio”, chiedeva di sforare i parametri europei per portare avanti le riforme che oggi rendono Berlino la locomotiva d’Europa. L’Italia oggi chiede margini per fare lo stesso, senza neanche sforare il 3%. E si presenta a Bruxelles, alla vigilia del suo semestre di presidenza, con la “forza” di un governo che guarda a un orizzonte di legislatura proprio per fare le riforme. Se nei primi cento giorni di governo non si è capito che gli interventi messi in cantiere, dalla riforma del Senato alla P.a, sono pezzi di un “puzzle”, “è colpa mia”, dichiara Renzi nell’Aula della Camera. Perché invece c’è un disegno complessivo dietro l’esordio “più o meno scoppiettante” a Palazzo Chigi. Non tutto ha funzionato a dovere, ammette qualche renziano, nel giorno in cui, con la firma del capo dello Stato, si conclude la lunga gestazione dei testi di riforma della P.a. Ma la tabella di marcia non rallenta, assicurano da palazzo Chigi, bensì assume più ampio respiro. Annuncia Renzi: “Ci prendiamo un arco di tempo che sia sufficiente: dal 1 settembre 2014 al 28 maggio 2017. Quasi tre anni per individuare punto per punto” come cambiare il Paese: “Non genericamente ‘le riforme’ ma come cambiare il fisco, quali infrastrutture inserire nello Sblocca Italia…”. Ponendosi ogni volta una data di scadenza: “Ci piacerebbe che il Parlamento approvasse la legge delega sul lavoro entro la fine del semestre italiano Ue”, dice Renzi. E’ insieme una richiesta di collaborazione e una sfida, quella che lancia il premier parlando a braccio in Parlamento. Un’apertura al dialogo, per superare il rischio di farsi impantanare da lungaggini e freni. E insieme l’avvertimento ai “conservatori” di ogni colore a non provare a bloccare il percorso, perché se è vero che “la legittimazione del governo deriva non dal voto, ma dal Parlamento”, il governo non ha però paura di “andare a casa” (e mandare a casa tutti) “anche domattina”. Proclami da “parolaio vuoto”, che va in Europa “col cappello in mano”, dichiara il leghista Matteo Salvini. Mentre i 5 Stelle, che Renzi potrebbe incontrare in prima persona domani per sfidarli a viso aperto sulle riforme istituzionali, partono all’attacco lancia in resta: “Aveva promesso le riforme in 100 giorni. Non ne ha fatta una – scrive su Twitter Riccardo Fraccaro – Così i giorni diventano 1.000! È la #svoltabluff”. (Serenella Mattera/ANSA)

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