La giornata politica: il nodo dell’austerity non è ancora sciolto

ROMA. – La narrazione europea di Matteo Renzi è indubbiamente affascinante, come gli riconoscono anche gli avversari (Nichi Vendola), tuttavia a questo punto ha bisogno anch’essa di tradursi in fatti concreti. Il premier fa sapere che l’Italia si presenterà al Consiglio europeo di giovedì e venerdì armata di determinazione e con in mano un ”metodo” di successo: parlare prima dei programmi e poi dei nomi perché non sarà un presidente della Commissione a cambiare il destino della Ue. Eppure il pacchetto di riforme legato alla diluzione del suo cronoprogramma in un medio periodo di 1.000 giorni dimostra quanto il compito sia difficile: intanto lascia il fianco scoperto alle critiche dell’opposizione che si chiede come mai i 100 giorni promessi per la rivoluzione si siano decuplicati; e poi appare legato agli sviluppi di una crisi che – ammette il Rottamatore – è tutt’altro che superata. In altre parole il semestre di presidenza italiana della Ue, che avrà soprattutto il carattere della moral suasion, deve fare i conti con quella che l’opposizione definisce la politica ”germanocentrica”. Secondo molti i margini di flessibilità sui quali palazzo Chigi conta per riavviare la ripresa economica sono in realtà troppo esigui per determinare una vera ripresa. Certo, Renzi punta sulla forza propulsiva del suo successo alle europee per condizionare Berlino insieme alle altre forze del Pse e per imprimere la svolta in politica economica invocata anche da Pierferdinando Casini quale unico esito possibile per parlare di un nuovo corso. In tal senso non ha torto l’azzurra Renata Polverini quando individua nell’assenza del lavoro come baricentro dell’agenda italiana il vero limite della strategia illustrata dal presidente del Consiglio alle Camere. In realtà sembra che l’intesa tra popolari e socialisti sia ancora in parte da costruire: il Rottamatore punta a condannare come violazione dei trattati il parlare solo di stabilità, ma sullo sfondo si capisce che il nodo della filosofia dell’austerity non è ancora sciolto (vedi le prese di posizione della Bundesbank e del ministro del Tesoro tedesco). Molto dipenderà dalle trattative in corso sull’attribuzione della poltrone chiave del governo europeo. Se un’italiana siederà sulla poltrona di ministro degli Esteri, è probabile che almeno la politica dell’immigrazione prenderà un’altra direzione (Renzi ha parlato addirittura dell’affiorare nella Ue di posizioni xenofobe da combattere con decisione). Intanto il premier cerca di tenersi a distanza dalle polemiche interne sulle riforme. Anna Finocchiaro ha assicurato che le discussioni sull’immunità dei futuri senatori non ritarderanno l’approdo in aula della riforma del secondo ramo del Parlamento. Forza Italia ha lasciato la patata bollente al Rottamatore, invitando il Pd a decidere la strada da imboccare che per gli azzurri è sostanzialmente neutra: un modo per fare pressione sulle divisioni interne dei democratici che domani incontrano la delegazione del Movimento 5 Stelle. Luigi Di Maio spiega che i grillini vogliono capire se c’è la possibilità di un percorso comune sulla legge elettorale: dal momento che le due proposte, quella del Pd e quella del M5S, sono molto distanti tra loro, la cosa sembra assai difficile. E comunque i 5 stelle interpellerebbero la rete anche in caso di accordo. La posizione di Renzi è quella di non farsi insabbiare in una estenuante trattativa: i suoi hanno ripetuto più volte che non si ricomincia da zero. E del resto non si capisce quali siano i margini se il Movimento ha già bocciato il testo Boschi su Senato e Titolo V come ”una porcata”. Testo che ogni evidenza è legato all’Italicum le cui modifiche dovrebbero comunque essere approvate anche da Forza Italia. Si vedrà, ma intanto Renzi può contare sull’appoggio dei fuoriusciti da Sel, guidati da Gennaro Migliore, che puntano trasformare la sinistra italiana con un processo unitario speculare a quello che dovrebbe avvenire nel centrodestra. (Pierfrancesco Frerè/ANSA)

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