La giornata politica: Renzi e il Democratellum

ROMA. – Matteo Renzi ha preso in contropiede Beppe Grillo decidendo all’ultimo momento di partecipare alla trattativa con i 5 Stelle sulla riforma elettorale. E ha così ottenuto un doppio risultato: conferire importanza all’incontro, disertato invece dal leader genovese, rubargli la scena, e indirizzare il negoziato su quel doppio turno con ballottaggio che è sempre stato la bandiera del Pd. I grillini, guidati dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio e dai capigruppo, parlano di un successo per la disponibilità dimostrata dal Rottamatore a discutere la proposta M5S (battezzata ”Democratellum”) che vuole rivoluzionare l’offerta politica impedendo le ”ammucchiate”, ma la sostanza è che hanno accettato una parlamentarizzazione del confronto, fin qui sempre rifiutato, e l’agenda in cinque punti che il segretario del Pd posterà sul web entro fine settimana. In un certo senso il premier ha attaccato la profondità, per usare un termine calcistico, costringendo il M5S ad esprimersi una volta per tutte sulla questione che gli sta più a cuore: non saremo mai d’accordo, ha spiegato Renzi, se non diciamo che chi vince governa. In altre parole che la legge elettorale deve prevedere un premio di maggioranza (che nella proposta grillina non c’è), unica strada per garantire la governabilità. Che poi tale premio sia dato al primo o al secondo turno, per Renzi è uno dei particolari che si può discutere; come anche il tema delle preferenze delle quali i democratici ”non hanno paura”. Non è mancata una stoccata sulle liste pulite per le quali i grillini propongono le cosidette ”preferenze negative”: a Di Maio, che alle primarie ha preso 182 voti, il Rottamatore fa sapere che nel Pd non sarebbero sufficienti nemmeno per sedere in un consiglio comunale, con implicita allusione al ”cerchio magico” all’interno del quale Grillo sceglierebbe i suoi fedelissimi. Ma sono schermaglie. Il succo politico è che al M5S in questo momento conviene sedere al tavolo delle trattative esattamente quanto a Forza Italia e restare agganciato al treno delle riforme messo in moto dal Rottamatore. Non a caso Paolo Romani dice che gli azzurri sono pronti a votare l’Italicum in tempi brevissimi: un modo per ricordare l’impegno assunto dal ministro Maria Elena Boschi di discutere preventivamente qualsiasi nuovo emendamento con Fi. L’isolamento, nel momento in cui si va a dibattere in Europa il cambio di direzione della politica economica, è certamente il pericolo dal quale tutti si devono guardare. Anche gli alfaniani sono scesi in campo rilanciando la proposta di un Senato elettivo per sottolineare che i centristi hanno un proprio ruolo autonomo. Si tratterà adesso di vedere quali sono i reali margini di trattativa. Ma il fatto che a condurla sia l’anima moderata del Movimento 5 Stelle la dice lunga sull’interesse che l’M5S ha nel trasmettere un’immagine nuova di se stesso, magari in parallelo con il posizionamento a Strasburgo nel gruppo di Nigel Farange che si è dato sì un profilo euroscettico, ma che lascia agli aderenti libertà di voto e dichiara opposizione ad ogni forma di discriminazione e xenofobia. Un fatto è certo: Renzi ha lasciato capire che la cornice delle riforme non si tocca, e dunque indirettamente nemmeno il patto del Nazareno. L’idea del premier è che il realismo indurrà il Cavaliere ad accettare eventuali emendamenti migliorativi che possano consentire a tutti di parlare di un grande accordo nazionale, senza incrinare le basi maggioritarie della nuova legge elettorale strettamente collegata alla fine del bicameralismo perfetto. Bisogna riconoscere che il pragmatismo si sta rivelando l’arma in più di Renzi per raggiungere i suoi obiettivi. E’ vero anche in Europa: in vista del cruciale Consiglio europeo, il premier ha incontrato nuovamente Giorgio Napolitano. Dal Colle si è ricordato come il presidente del Consiglio abbia un mandato per un forte rinnovamento della politica Ue su cui ottenere impegni precisi dal nuovo presidente della Commissione: il che significa che nulla deve essere dato per scontato. La candidatura Juncker è stata accettata dai socialisti europei solo a condizione che si sviluppi su un vero programma di crescita e di lotta alla disoccupazione. Il fatto che Angela Merkel si sia preoccupata di correggere le sortite rigoriste della Bundesbank e del suo ministro del Tesoro dimostra quanto il tema sia decisivo per un’intesa di legislatura tra Ppe e Pse. (Pierfrancesco Frerè/Ansa)

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