Meriam, l’incubo è finito, donna cristiana ora è libera

ROMA. – Meriam è libera, per la seconda volta. La donna cristiana che ha rischiato l’impiccagione per apostasia, è stata rilasciata dopo essere stata fermata martedì in aeroporto mentre tentava di lasciare il Sudan per raggiungere gli Usa e trattenuta per circa 48 ore. Tuttavia, non può ancora lasciare il Paese: deve aspettare il nulla osta della Corte d’appello che ratifichi l’annullamento della sentenza di condanna. A riferire le ultime notizie relative al caso della donna cristiana è stata Antonella Napoli, presidente dell’Ong ‘Italians for Darfur’, che insieme all’ong ‘Sudan Change Now’, è da tempo impegnato sulla vicenda. L’ottenimento del nulla osta “richiederà alcuni giorni”. Meriam sarò probabilmente in grado di lasciare il Sudan domenica prossima, ma fino ad allora rimane in custodia. Dopo la seconda liberazione, Meriam e la sua famiglia sono stati trasferiti in un luogo sicuro dagli stessi Servizi segreti che due giorni fa li avevano bloccati in aeroporto. Secondo gli attivisti, la liberazione sarebbe stata confermata anche dal Dipartimento di Stato americano. Sulla vicenda del fermo, il ministro degli Esteri Federica Mogherini aveva “avviato i contatti, nel rispetto delle autorità locali” per arrivare “in tempi brevi a una soluzione positiva e definitiva” del caso. Il marito della donna, Daniel Wani, cittadino americano e sud sudanese, ieri aveva chiesto l’aiuto dell’Italia per sbloccare il fermo della moglie e risolvere una volta per tutte la vicenda. Anche il viceministro Lapo Pistelli aveva ribadito l’impegno italiano sul caso, che sarebbe stato affrontato durante la missione della prossima settimana nel Corno d’Africa. Ancora una volta insomma Meriam è libera, ma non ha ancora lasciato il Paese. Secondo il Daily Mail, la donna e la sua famiglia dovranno andare in Sud Sudan e da lì partire per gli Stati Uniti. Tuttavia la situazione resta confusa, e la donna non sarà sicura di essere libera finché non lascerà il Paese. Dopo la condanna a morte per apostasia e 100 frustate per adulterio a maggio, la Corte d’appello aveva annullato pochi giorni fa la sentenza e rimesso in libertà Meriam. Il giorno dopo l’annullamento la donna e la sua famiglia si sono recati in aeroporto a Khartoum per lasciare il Paese e raggiungere gli Usa. Giunta ai controlli, 50 membri dei servizi segreti l’hanno fermata e trasferita, insieme al marito e ai figli, in un centro di detenzione vicino all’aeroporto. Lì è stata interrogata, con l’accusa di aver utilizzato dei documenti irregolari per lasciare il Paese: un visto americano e un documento rilasciato dall’ambasciata del Sud Sudan. Il caso ha suscitato una piccola tensione diplomatica, con la convocazione degli ambasciatori americano e sud sudanese da parte delle autorità del Paese. Sembra tuttavia che i documenti non fossero l’unica motivazione del fermo: in un’intervista rilasciata al giornale sudanese Al Intibaha e riportata dal Telegraph, il fratello di Meriam, Al Samani Al Hadi Mohamed Abdullah, ha dichiarato di essere andato dalla polizia per denunciare il “rapimento” di Meriam da parte del marito, poco prima che lei cercasse di partire per gli Stati Uniti. Si tratta dello stesso parente della donna che pochi giorni fa aveva dichiarato che “se non si fosse pentita, avrebbe dovuto morire”. Ora Meriam è di nuovo libera, ma non ancora definitivamente al sicuro.

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