Agcom, 2013 anno nero per tv, editoria e tlc

ROMA. – Un anno nero per il mondo delle comunicazioni che, pur difendendosi meglio di altri settori, risente comunque della crisi e fatica a riprendersi dopo le contrazioni degli anni passati. E’ il quadro relativo al 2013 che emerge dalla relazione annuale dell’Agcom al Parlamento. Il segno meno la fa da padrone in tutte le aree di competenza dell’Autorità: dalle tlc, alla tv, dall’editoria ai servizi postali. Pesa nelle rilevazioni, comunque, la difficoltà di monitorare a pieno i nuovi servizi che nascano su Internet, che da un lato generano risorse e dall’altro – sottolinea il presidente dell’organismo, Angelo Marcello Cardani – richiedono nuove leggi e un nuovo approccio regolamentare: una regolazione 2.0, la definisce Cardani, mutuando l’espressione utilizzata per indicare l’ultima generazione del web. I ricavi del settore l’anno scorso sono scesi a 56,1 miliardi, in calo del 9% sul 2012. Le tlc, che rappresentano la fetta più grossa, registrano una flessione del 10,77% a 34,4 miliardi di euro: è in particolare la telefonia mobile (dove si concentra la forte discesa dei prezzi, che evidentemente incide sui ricavi) a mostrare la corda, con una flessione del 14%, che la fa tornare grosso modo allo stesso livello di quella fissa. Più contenuta la flessione dei media (radio, tv, stampa e Internet), che perdono il 7% a 14,7 miliardi. In contrazione del 2%, a 6,9 miliardi di euro, sono infine i servizi postali. La crisi pesa sul mondo dei media, penalizzato in particolare dal calo degli investimenti pubblicitari, scesi in un anno del 10,9%, da 8,3 miliardi a 7,4 miliardi. Crollano periodici (-24,1%) e quotidiani (-13,2%), ma vanno male anche tv (-10,1%) e cinema (-7%). E per il primo anno va giù Internet (-2,5%), pur guadagnando una quota sempre maggiore sulla torta totale. Il calo degli spot spinge in basso la tv gratuita e la Rai, che può contare sulle risorse del canone in leggera crescita, riesce a spodestare Mediaset dal secondo posto tra i maggiori broadcaster. Il Biscione esce fortemente penalizzato dal 2013, con un calo dell’8,2% nei ricavi, a fronte di una riduzione dell’1,6% del servizio pubblico. Sky, grazie ad una caduta meno accentuata del fatturato della pay, mantiene la prima posizione pur con una discesa dei ricavi del 3,5%. Ma è l’editoria il settore più sofferente, anche per i problemi strutturali legati ad una riduzione delle copie vendute. Dal 2009 sono andati in fumo quasi 2 miliardi di ricavi, su un fatturato complessivo che attualmente si aggira intorno ai 4 miliardi e mezzo. Sono i periodici a registrare il ribasso più pesante (-17,2%), mentre i quotidiani perdono il 7%. “Sono dati preoccupanti – afferma il sottosegretario con delega al settore Luca Lotti -. E’ su questa base che abbiamo costruito il decreto sul Fondo per l’editoria che va nella direzione di creare nuova occupazione”. Un quadro complesso, sottolinea Cardani, che vede l’Italia in difficoltà “nello sviluppo e penetrazione di reti digitali di nuova generazione e di accesso ai servizi più innovativi”. Per il presidente Agcom il mondo dei media è stato rivoluzionato dall’informazione e comunicazione digitale, “che richiede uno sforzo verso la convergenza normativa”. “E’ necessaria una riflessione – spiega – sulla nuova stagione della ‘regolazione 2.0′”, in materia di nuovi servizi Internet, ruolo degli Over the top, Internet delle cose, Big e Open Data”. Cardani offre collaborazione sulla riforme del sistema televisivo, della Rai e dell’editoria, che il governo ha in agenda, e sottolinea la necessità di mettere subito mano alla legge sulla par condicio che “denuncia sempre maggiori ed evidenti criticità applicative, specie nei periodi elettorali”. Nessuna criticità invece – annuncia il presidente Agcom – ha mostrato l’indagine dell’Autorità sulla disponibilità di risorse trasmissive per le emittenti televisive. Un circostanza che – si augura il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli – potrebbe costituire “il tassello definitivo per la chiusura della procedura di infrazione Ue” sull’uso delle frequenze in Italia.(di Michele Cassano/ANSA)