Lavoro: perso 1 milione di posti. Disoccupazione giovani raddoppia

ROMA. – Un milione di posti di lavoro in meno e la disoccupazione giovanile raddoppiata. La crisi economica conta le sue vittime. Dalle difficoltà dei mutui subprime del 2008 fino agli ultimi dati, portare a casa qualche guadagno è diventato difficile per ben 13 milioni di persone. Un lavoratore su tre ha incontrato difficolta’ e insicurezza. Una strada costellata di cassa integrazione sul fronte della quale però arriva una buona notizia: il Governo, come annuncia il ministro Poletti, ha reperito 400 milioni per cig e mobilità in deroga e, a breve, riuscirà a stanziarne altrettanti. A tracciare il profilo di una situazione difficile sul fronte lavoro, intanto, è uno Studio della Uil dal titolo significativo – ”No Pil? No Job” – che incrocia alcuni importanti indicatori e ‘pesa’ la sofferenza occupazionale sulle diverse aree del Paese. Una crisi che non rimane solo nei titoli di giornali, ma che ha creato un ”cratere” nel nostro tessuto sociale e produttivo. Soprattutto in alcune aree del Mezzogiorno d’Italia. Per molti il lavoro e’ proprio sparito. In sei anni si sono dissolti al sole un milione di posti di lavoro. Di questi 567 mila sono di dipendenti. ”420 mila sono lavoratori autonomi”, evidenzia la Cgia di Mestre che sottolinea così che l’onda lunga delle difficoltà economiche non conosce confini tra categorie. Ma i dati che descrivono il disastro occupazionale sono tanti. C’e’ il tasso di disoccupazione che sale dal 6,7% al 12,2%, mentre per i giovani raddoppia, dal 21,3% al 40%. E ora sale ancora. Ma le persone che, in un modo o nell’altro, hanno avvertito sul lavoro i morsi della crisi sono molte molte di piu: 13 milioni, stima la Uil. Una persona su 3 in età lavorativa. I rosario delle difficolta’, se si guarda al solo 2013, conta 4,2 milioni di persone hanno vissuto l’esperienza degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, ASPI e mini ASPI), con un aumento del 57% rispetto al 2008 (1,5 milioni di persone in più); 3,1 milioni di persone alla ricerca attiva di un posto di lavoro, in aumento dell’83,8% rispetto al 2008 (1,4 milioni di persone in più); 1,8 milioni i rassegnati che un lavoro non lo cercano ancora più. Ma ci sono anche l’aumento del part time volontario (70,1%), 2,2 milioni di persone hanno un lavoro a termine; oltre 1 milione di persone ha un contratto di lavoro non subordinato (collaborazioni, buoni lavoro, tirocini), ma che in realtà nasconde rapporti di lavoro dipendente. A questi andrebbero aggiunti ulteriori 400 mila persone che, pur lavorando con partita Iva, svolgono di fatto lavoro subordinato. E sul territorio? La Uil ha incrociato tre indicatori, divisi a loro volta in 9 parametri, per calcolare la ”sofferenza occupazionale”: mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, reddito medio. Il risultato forse appare scontato. Tutti i singoli parametri fanno registrare un malessere occupazionale più accentuato al Sud, con la sola eccezione della cassa integrazione che, in tale macro area, è al di sotto della media nazionale e il Centro Nord al di sopra. Sono 9 le Regioni con un indice di disagio al di sopra della media nazionale: alle 8 Regioni del Mezzogiorno si aggiungono le Marche. A guidare questa “triste” classifica” c’è la Calabria, seguita da Campania e Puglia; meno malessere invece in Lombardia, nella Provincia Autonoma di Bolzano e in Veneto. Se si guarda le province (46 in difficoltà rispetto alla media nazionale) si scopre che la crisi ha graffiato anche a Rimini, Latina e Ascoli Piceno. ”Sono dati – ha commentato il segretario confederale, Guglielmo Loy – che confermano la necessità vitale del saper costruire sistemi di promozione al lavoro aderente a ciò che esprime il mercato del lavoro locale”. Serve un “buon cambiamento” – aggiunge – che non può ”prescindere due fattori fondamentali: il lavoro e l’inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito e inclusione sociale, come condizione per evitare che il cambiamento “lasci per strada” i più deboli”. (di Corrado Chiominto/ANSA)

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