Mo: Il Cairo resta crocevia per una tregua a Gaza

IL CAIRO. – Una girandola di incontri e indiscrezioni sulle trattative lo confermano: il “tavolo” egiziano per una tregua nella guerra Israele-Hamas a Gaza e’ informale ma esiste. Un rinnovato ruolo del Cairo quale storico mediatore fra il movimento al potere nella Striscia e lo stato ebraico sembrava saltato in poche ore tra lunedi’ e martedi’, quando la proposta egiziana di cessate il fuoco immediato era stata accettata da Israele ma rifiutata da Hamas. Il traffico di auto blindate dall’aeroporto del Cairo, e la presenza stabile nella capitale egiziana del numero due di Hamas, Mussa Abu Marzuk, testimonia pero’ che la partita – malgrado tutto – e’ ancora in pieno svolgimento. Nelle ultime 48 ore sono stati segnalati incontri, svoltisi sembra in uno stesso albergo, di responsabili egiziani sia con Hamas sia con una delegazione di alto livello israeliana che comprendeva Yoram Cohen, il capo dello Shin Bet, l’agenzia di intelligence interna, e il negoziatore Ytzhak Molcho. Viene pubblicizzata ufficialmente pero’ solo la visita di Abu Mazen, il presidente palestinese, principale referente del capo di Stato egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Inoltre sono in arrivo al Cairo il ministro degli Affari esteri Federica Mogherini e quello francese Laurent Fabius. Il crocevia diplomatico sul Nilo ha gia’ visto del resto un doppio passaggio in cinque giorni di Tony Blair, in veste di inviato speciale per il Medio oriente del “quartetto” composto da Stati Uniti, Russia, Ue e Onu. E gli egiziani hanno potuto vantare l’apprezzamento dell’ex premier britannico secondo il quale sono “i più credibili e capaci di convincere le due parti”. L’Egitto ha d’altronde lo storico merito di essere stato il primo stato arabo, nel 1979, a far la pace con Israele in base agli accordi di Camp David dell’anno prima. Quanto a Gaza, suo ex-governatorato militare per quasi un ventennio fino alla Guerra dei Sei giorni del 1967, la “responsabilità storica” egiziana aveva portato il Cairo a mediare assieme gli Usa la tregua che pose fine all’analoga operazione israeliana del novembre 2012. Allora pero’ c’era il presidente Mohamed Morsi, leader politico di quei Fratelli musulmani di cui Hamas e’ filiazione diretta: una circostanza del tutto svanita dato che Sisi, ex capo di Stato maggiore dell’esercito, solo l’anno scorso era stato protagonista della cacciata dal potere della Confraternita, rispedita in clandestinità. Il bando di Hamas dall’Egitto di Sisi come presunta organizzazione terroristica si riflette intanto nell’assenza del nome del movimento nelle comunicazioni ufficiali egiziane che parlano solo di “fazioni palestinesi”. Questo, in un primo momento, ha addirittura consentito a Hamas di dichiarare di non aver ricevuto alcuna proposta di tregua dall’Egitto. Altro segnale di freddezza e’ l’ufficioso annuncio che il movimento islamico palestinese inoltrera’ anche a Lega araba, all’Onu e alla Giordania, le sue integrazioni al piano egiziano. La residenza al Cairo di Marzuk, vicepresidente dell’Ufficio politico di Hamas, testimonia pero’ di quanto l’Egitto resti il solo crocevia negoziale a disposizione anche dopo la deposizione di Morsi. (di Rodolfo Calò/ANSA)

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