L’Olanda piange in silenzio le prime salme dell’aereo abbattuto

EINDHOVEN (OLANDA). – Quaranta salme ma nessuna da poter abbracciare, piangere e seppellire. Quaranta bare di legno senza nome accolte dall’inchino del re, della regina e delle massime autorità dello Stato, caricate a spalla dai militari in alta uniforme su quaranta carri funebri. Così l’Olanda ha accolto le prime vittime dell’aereo abbattuto nei cieli ucraini da una guerra silenziosa e lontana che la tragedia del volo MH17 ha all’improvviso portato nel cuore dell’Europa. Ma l’Olanda è un Paese disorientato: dal dolore, dalla rabbia e dall’impossibilità di spiegare le ragioni del disastro che le ha sottratto 193 famigliari, amici, vicini di casa. “Tutti conosciamo almeno una persona legata in qualche modo a qualcuno che era su quell’aereo”, dice uno dei tanti olandesi che lascia fiori all’ingresso dell’aeroporto di Eindhoven, meta finale dei 298 passeggeri convinti di raggiungere Kuala Lumpur giovedì scorso. E’ per questo che il lutto nazionale proclamato in Olanda è ancora più sentito, e le migliaia di persone che si avventurano fino a Eindhoven, a un centinaio di chilometri da Amsterdam, hanno qualcuno per cui piangere. L’Olanda non era pronta, nemmeno a portare tutte le vittime a casa: sono arrivate solo le prime quaranta, quelle che gli esperti olandesi sono riusciti a ricomporre il più in fretta possibile. Sedici su un C130 olandese e ventiquattro su uno più grande, un C17 australiano, Paese pure duramente colpito, visto che ventotto vittime venivano da lì. Le autorità assicurano che le altre salme arriveranno nei prossimi giorni, e a tutte saranno riservate i massimi onori. Non come le prime, certo, ma ad ognuna sarà riservata una scorta militare pronta a fare gli onori assieme alle famiglie che probabilmente torneranno nuovamente. Perché il loro strazio non finisce qui, con la sfilata delle 40 bare caricate una alla volta su altrettanti carri alla presenza dei reali, del premier Mark Rutte, dei ministri e dei rappresentanti di 17 Stati da cui proveniva il resto delle vittime. Il dolore delle migliaia di amici e parenti dei 193 passeggeri olandesi non si calma con gli onori militari, con il cordoglio del re Guglielmo Alessandro e della moglie che aspettano diverse ore in piedi sotto il sole di luglio sulla pista dell’aeroporto militare di Eindhoven finché anche l’ultima bara viene tirata fuori dalla carlinga degli aerei e caricata sui carri neri con i vetri oscurati. La sofferenza non è attenuata dai minuti di silenzio anche nelle istituzioni europee, dalle bandiere a mezz’asta in tutto il Paese e in mezza Europa. Queste prime salme non hanno un nome per adesso, e senza un nome si può solo piangere una foto di qualcuno che, forse, addirittura giace ancora in quei campi di grano dove l’aereo è precipitato. Molti resti non sono stati raccolti, hanno denunciato il premier australiano e l’Osce, e nessuno può dare ai parenti delle vittime la certezza che non appartengano proprio ai loro cari.  Parenti e amici, che li aspettavano di ritorno dal viaggio in Malesia, devono ancora aspettare, ma ora attendono le loro salme: l’identificazione comincia nella base militare di Hilversum, vicino Amsterdam, e potrà durare anche dei mesi. E nel frattempo non c’è pace per chi ha perso qualcuno sull’aereo abbattuto, costretti come sono a fare la spola tra l’aeroporto dove continueranno ad arrivare corpi, la base militare dove dovranno portare gli oggetti utili all’identificazione tramite dna e le case lasciate vuote dai loro cari giovedì scorso. Un itinerario tragico, in attesa di una chiamata da Hilversunm che potrebbe non arrivare mai. (Chiara De Felice/Ansa)

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