La giornata politica: Grasso sotto accusa

ROMA. – Il Colle si conferma l’autentico crocevia delle riforme. La mediazione di Giorgio Napolitano si può rivelare preziosa per evitare che il dibattito in corso in Senato scivoli nelle sabbie mobili dei veti incrociati. E’ un po’ il senso implicito dell’incontro tra il capo dello Stato e il presidente del Senato, messo sotto accusa dal Pd per aver concesso il voto segreto su una serie di emendamenti.  Si tratta di una partita dai risvolti quasi esoterici per i non addetti ai lavori ma che si può riassumere in sostanza nella richiesta delle opposizioni di un atteggiamento ”più rispettoso” del governo verso le prerogative parlamentari. In altre parole, si chiede a Matteo Renzi di aprire ad un confronto che lasci spazio per qualche aggiustamento del testo, nel qual caso – fa sapere per esempio Nichi Vendola – l’ostruzionismo potrebbe anche cessare. Si tratta naturalmente di vedere che cosa significhi per l’ esecutivo cambiare strada. Il premier ha avvertito che non si farà spiaggiare da nessun ostacolo e che se ci saranno ”scherzetti” all’ombra del voto segreto, il testo sarà poi modificato alla Camera. ”Qui non molla nessuno”, ha decretato minacciando di tenere i senatori a palazzo Madama per tutto agosto. Il Rottamatore è convinto che sulla riforma del Senato l’Italia si giochi la propria credibilità e la possibilità di realizzare quel ”programma dei mille giorni” con cui andarsi a riprendere la flessibilità che ci spetta in Europa. Insomma, l’intenzione è di blindare le retrovie per regolare i conti con i rigoristi di Bruxelles. Tuttavia ciò crea malessere anche tra i sostenitori del Patto del Nazareno. L’invito a ”scendere da cavallo” per trattare, spedito da Maurizio Gasparri al presidente del Consiglio, è l’avvertimento che non si può giocare sempre all’attacco: c’è un margine per tenere unito lo schieramento che ha votato le riforme in commissione e si riassume in pratica nella proposta di mediazione che i due relatori, il leghista Calderoli e la dem Finocchiaro, hanno presentato al governo. ”Se l’esecutivo la accetta, le riforme si fanno in una settimana”, assicura il padre del Porcellum. Del resto l’apertura di Grasso al voto segreto sembra muoversi nella stessa direzione: rasserenare il clima con l’ opposizione e consentire uno spazio di trattativa di fronte ad un ostruzionismo senza precedenti, perché – dice Pierluigi Bersani – la situazione è complicata. Se si insiste con la minaccia del ritorno alle urne – è il sottinteso – è chiaro che il canale di dialogo si chiude. Ma allo stesso tempo il negoziato non deve suonare come un segno di debolezza di Renzi perché ciò significherebbe con ogni probabilità fare slittare l’approvazione delle riforme sine die. Come dice Pierferdinando Casini, sarebbe una prova di impotenza di tutto il Senato e una spinta ineluttabile verso le elezioni anticipate. Per questo motivo il leader Udc invita i senatori a non fare un involontario harakiri e chiede a Grasso (che aveva parlato di una ”armonizzazione” del dibattito) di garantire a tutti i propri diritti, anche alla maggioranza di decidere. Il che non può avvenire se, avverte il dem Zanda, per votare un singolo emendamento ci vuole un’ora e mezza. Si vedrà ben presto se il lavoro degli sherpa ha prodotto qualche risultato. Berlusconi garantisce il rispetto del patto con Renzi, ma non un calendario irragionevole né la tentazione di forzare la mano sulla Costituzione (Romani). Anche il Cavaliere infatti deve fare i conti con la dissidenza interna che non si fida di Renzi: domani incontrerà Raffaele Fitto, che la guida, ed è intenzionato a chiudere lo scontro perché c’è da guardare alla ricostituzione di un centrodestra che ha un ruolo chiave nella trasformazione del Paese. Si tratta di lasciare uno spazio anche agli alfaniani, che chiedono ritocchi e garanzie sulla tutela delle minoranze all’interno dell’ Italicum, e al Carroccio. Chi invece al momento appare tagliato fuori dalla partita è il Movimento 5 Stelle che prova a fare del voto segreto il banco di prova dell’eterogeneo schieramento riformista. Scommessa rischiosa perché ove dovesse fallire Grillo rischierebbe di restare senza cartucce. (di Pierfrancesco Frerè/ANSA).

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