La giornata politica: Renzi cerca la mediazione

ROMA. – E’ probabile che il governo utilizzi il week end di pausa dei lavori parlamentari per cercare quel compromesso che consentirebbe di votare la riforma del Senato entro l’8 agosto. Senza una mediazione, infatti, la scadenza appare difficile da rispettare. Il contingentamento dei tempi non garantisce un esito certo, dal momento che il regolamento del Senato prevede che le votazioni sugli emendamenti (quasi ottomila) ci debbano comunque essere. Il tono piccato con cui il presidente Piero Grasso ha fatto sapere che le sue decisioni sulla concessione del voto segreto si sono mosse in base a criteri di norme interne che non lasciano margini alle interpretazioni, sono un modo implicito per dire che gli ostacoli sono stati valutati con fare un po’ troppo approssimativo. E che dunque le critiche al suo operato, piovute soprattutto dal Pd, sono state quantomeno affrettate. Non a caso il presidente del Senato si dice amareggiato e indignato per lo spettacolo d’aula offerto in questi giorni. Le provocazioni, ribadisce, devono lasciare spazio alla ricerca di soluzioni condivise.  Ma esiste questo spazio? L’ipotesi che Matteo Renzi possa intervenire personalmente per offrire un compromesso alle opposizioni si scontra con due difficoltà: le dure accuse reciproche e il fatto che gli avversari non sembrano disponibili ad accontentarsi di qualche limatura al testo del governo. Per esempio Raffaele Fitto, dopo il colloquio del disgelo con Silvio Berlusconi, è tornato a chiedere che si discuta di elezione diretta dei senatori, sbandierando i sondaggi che trovano favorevole l’opinione pubblica. Tuttavia si tratta di un bastione che il Rottamatore non ha intenzione di abbandonare, così come il Cavaliere difende la trincea antipreferenze. L’unico elemento di debolezza sul quale il premier può giocare è la divisione delle minoranze. In tal senso, Beppe Grillo – con il suo attacco a Giorgio Napolitano, definito regista del colpo di Stato – ha di fatto scavato un solco all’ interno dell’area dei dissidenti: troppo facile per il Pd cogliere la contraddizione di un movimento che sale al Quirinale per invocare l’intervento del capo dello Stato in funzione di garante della Costituzione e poi nel giro di dodici ore lo mette sotto accusa come golpista. In realtà i 5 stelle seguono in questa fase un doppio binario: quello oltranzista del leader e quello dialogante di Luigi Di Maio che ripete che i 5 stelle sono pronti a trattare se ci saranno aperture del governo su ”temi importanti”. Molto dipenderà dal peso di queste possibili aperture. I due relatori delle riforme, la dem Finocchiaro e il leghista Calderoli, avevano individuato un sentiero stretto ma praticabile: ma per ora non ci sono stati passi avanti. A Grillo che parla di colpo di Stato, Renzi replica che ha preso un colpo di sole. Gli alleati alfaniani sono allarmati dalla piega che stanno prendendo gli eventi. Fabrizio Cicchitto e Maurizio Sacconi avvertono che l’opposizione frontale porta dritto alle elezioni: una pistola scarica, replica Grillo, perché si voterebbe con il proporzionale puro e le preferenze e il M5S non teme il voto. E’ vero però che nei sondaggi il Pd continua ad essere fotografato stabilmente bel oltre il 40 per cento, il che non esclude totalmente uno scenario di questo tipo. Sullo sfondo resta l’incognita della situazione economica. Le ultime stime del Fondo monetario, denuncia Reato Brunetta, dimostrano che la manovra correttiva è inevitabile. Ma Renzi ha altre idee: il presidente del Consiglio ricorda che l’Italia ha molti più soldi che debiti (8 trilioni di euro contro 2) e che il nodo resta quello della flessibilità, il cui impatto non può essere definito in modo rigido a priori. Quando si dice contrario ad una soluzione radicale sul debito pubblico, il premier sembra guardare ad uno scenario espansivo da coltivare con gli altri partner europei. I suoi argomenti ricordano quelli usati da Berlusconi contro il rigorismo tedesco. Il sottinteso è che la vera partita si giocherà a settembre quando la Bce dovrà attuare le manovre di quantitative easing, cioè di immissione di liquidità nei mercati, preannunciata da Mario Draghi. (di PierfrancescoFrerè/ANSA).