Schiaffo alla Russia su affare Yukos, deve risarcire 50 miliardi di dollari

ROMA. – Schiaffo alla Russia sull’affare Yukos. La corte permanente dell’arbitrato dell’Aja ha stabilito che Mosca deve risarcire con 50 miliardi di dollari alla Gml, l’azionista di maggioranza dell’ex colosso petrolifero, nella causa di espropriazione del gruppo che faceva capo all’oligarca decaduto Mikhail Khodorkovsky. Ma Mosca non ci sta e annuncia che si appellerà contro una decisione che considera “politicamente prevenuta”. In un contesto di grande tensione tra Russia e Occidente, dopo l’abbattimento dell’aereo malese e con nuove sanzioni sull’Ucraina che sarebbero allo studio, la sentenza del tribunale olandese certo non aiuta a distendere rapporti sempre più complicati. Tuttavia lo schiaffo avrebbe potuto fare anche più male, se la Corte avesse accolto le richieste della Gml, che puntava su un risarcimento doppio, pari a circa 100 miliardi di dollari, puntando sul valore che, in questi dieci anni, avrebbe raggiunto il gruppo petrolifero. La vicenda risale al 2006, quando per la Yukos venne sancita la bancarotta, lo smembramento e la vendita della maggior parte degli asset alla statale Rosneft, con annessa condanna al patron Khodorkovsky per presunti reati finanziari e fiscali al termine di un lungo e controverso processo, in apparenza orchestrato dal Cremlino per bloccare l’ascesa politica dell’oligarca. Gli azionisti dell’allora colosso petrolifero, però, non rimasero a guardare e si rivolsero al tribunale olandese nella speranza di ottenere, all’estero, quella fortuna che non avevano avuto in patria. E la rivincita c’è stata. “Il tribunale – ha spiegato con soddisfazione il numero uno di Gml, Tim Osborne – ha in modo unanime e specifico confermato che l’offensiva della federazione russa contro Yukos, i suoi fondatori, tra cui Mikhail Khodorkovsky, e i suoi impiegati, era motivata da ragioni politiche”. Per la Corte, insomma, si è trattato di un esproprio e per questo la Russia deve risarcire gli azionisti di allora. “Dall’inizio alla fine – ha commentato Khodorkovsky, da poco graziato da Vladimir Putin dopo dieci anni passati dietro le sbarre – l’affare Yukos ha costituito un caso esemplare del saccheggio senza riserve di una impresa brillante da una mafia legata allo Stato”. La reazione di Mosca, tuttavia, non si è fatta attendere: il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov e il ministero delle Finanze hanno annunciato che la Russia farà appello, anche se non è chiara la procedura legale che intendono seguire, dal momento che non sarebbe possibile un ulteriore grado di giudizio. Per il Cremlino, comunque, si tratta di una sentenza “politicamente prevenuta”, che presenta “seri difetti” e, oltretutto, la Corte dell’Aja non sarebbe “competente” a decidere su questa materia. Le possibilità di appello, secondo Emmanuel Gaillard, uno degli avvocati di Gml, si limitano però ad alcune questioni “tecniche” da risolvere all’interno dei tribunali olandesi. La guerra legale, dunque, potrebbe continuare, anche se, secondo diversi giuristi, Mosca dovrà comunque pagare. “Se si dovesse rifiutare – ha spiegato all’Afp Victor Gerboutov, della società di consulenza Noerr – i Paesi che riconoscono l’arbitrato dovranno recuperare i beni russi che non sono coperti da immunità”. Appare quindi difficile una messa in discussione della vendita degli asset, che nel 2007 coinvolse anche Eni ed Enel (che proprio l’anno scorso li hanno rivenduti a Gazprom con ricche plusvalenze): Rosneft, principale beneficiaria di quelle operazioni, ha infatti subito dichiarato che tutto è stato “pienamente legittimo e conforme alle leggi in vigore” e quindi non può essere oggetto di “alcun reclamo”.