Ebola preoccupa anche Obama, in Usa alzato livello allerta

ROMA. – L’epidemia di Ebola in corso in Africa comincia a preoccupare anche chi si trova dall’altra parte del mondo, con il presidente americano Barack Obama che si tiene ‘costantemente informato’ e con i Centers for Diseases Control (Cdc) che hanno deciso di alzare il livello di allerta, preparandosi all’eventualità, tutt’ora considerata remota, di un arrivo del virus su suolo statunitense. A non far dormire sonni tranquilli sono le notizie provenienti dall’Africa, dove l’epidemia non sembra dare segni di rallentamento. ”La probabilità che la malattia si propaghi al di fuori dell’Africa occidentale è molto bassa – ha spiegato Stephan Monroe, responsabile delle zoonosi dei Cdc – ma comunque dobbiamo essere preparati anche a questa remota possibilità”. A far crescere la preoccupazione è anche la vicenda di Kent Brantly, giovane medico statunitense che ha contratto il virus in Liberia. Secondo gli ultimi aggiornamenti il dottore missionario sta peggiorando e la sua prognosi e’ grave. A renderlo noto il suo amico e collega David Mcray, del Jps Health Network di Fort Worth. Il medico colpito dalla febbre emorragica soffre di febbri alte, mal di testa, dolori addominali ed è in isolamento vicino a Monrovia, a 12 miglia dall’ospedale dove lui stesso ha trattato i pazienti colpiti già dall’ottobre 2013. Mcray, che è in contatto sia via e-mail che per telefono con il collega malato, ha riferito ai media Usa che lo stesso Brantly sia e’ detto “terrorizzato” dalla progressione della malattia. Lo stato di allerta 2, su una scala di 5, decretata dai Cdc, richiede che i medici identifichino i pazienti che potrebbero aver viaggiato recentemente nella zona colpita, e che studino i sintomi della malattia e i trattamenti immediati da fornire. L’agenzia ha anche consigliato a chi viaggia nei paesi colpiti, al momento Liberia, Guinea e Sierra Leone con un caso ‘importato’ in Nigeria, di evitare il contatto con fluidi corporei e sangue di estranei, lo stesso avviso dato dall’Oms. Il ministero della Salute italiano ha già aumentato i controlli all’ingresso lo scorso aprile. ”Anche per l’Italia l’ipotesi che arrivi un caso di Ebola è remota – spiega Massimo Andreoni, presidente della Società italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) -. Da noi comunque ci sono già dei piani predisposti per casi di emergenza, siamo preparati ad ogni evenienza”. In Nigeria intanto l’ospedale dove è morto l’uomo proveniente dalla Liberia pochi giorni fa è stato messo in quarantena. Il personale sanitario, hanno annunciato le autorità nigeriane, non ha mostrato al momento segni della malattia, che può avere un’incubazione fino a 21 giorni ma che è contagiosa solo quando compaiono i sintomi, mentre la compagnia aerea con cui ha viaggiato l’uomo non avrebbe ancora fornito l’elenco completo dei passeggeri. In Sierra Leone non ce l’ha fatta Omar Khan, il medico che coordinava gli sforzi contro l’epidemia, contagiato a sua volta da Ebola. L’uomo, definito un ‘eroe nazionale’ dalle autorità del paese, era stato ricoverato la scorsa settimana nel centro gestito da Medici Senza Frontiere. La Liberia, uno dei paesi più colpiti, dopo la chiusura quasi totale delle frontiere ha addirittura vietato le partite di calcio, possibile fonte di contagio. Sono 1201 i casi di Ebola confermati fino a questo momento in Africa, con 672 morti, secondo il conteggio dell’ultimo bollettino dell’Oms, pubblicato il 27 luglio.