La giornata politica: La fine del bicameralismo perfetto

ROMA. – Spezzato l’accerchiamento nel quale sembrava caduto al Senato, Matteo Renzi prova a lanciare la controffensiva del governo sul fronte economico all’insegna del ”yes, we can” di obamiana memoria. Non a caso la presentazione del decreto ”sblocca Italia” coincide con il superamento a palazzo Madama dello scoglio della non elettività del Senato dopo la bocciatura di tutti gli emendamenti contrari. La strategia del premier si muove su un doppio binario: riallacciare il dialogo con una parte degli oppositori che hanno lottato strenuamente contro il ddl Boschi e convincere elettori e parlamentari che all’orizzonte dell’autunno non ci sono le elezioni anticipate (che farebbero precipitare nuovamente il Paese nel vizio destabilizzante delle crisi a ripetizione) ma una moderata crescita economica. Il primo fronte è presidiato dalle aperture al confronto dei suoi fedelissimi: sul tavolo del negoziato ci sono revisione del numero di firme per chiedere i referendum, immunità, platea dei parlamentari che dovranno eleggere il capo dello Stato. Nichi Vendola fa sapere che se ci saranno rispetto reciproco e reale disponibilità, saranno possibili ”mediazioni alte”. Una buona notizia per il Rottamatore che finalmente vede a portata di mano il risultato ”storico” della fine del bicameralismo perfetto: le votazioni a raffica dell’assemblea senatoriale fanno pensare che la prima lettura si possa concludere prima delle ferie estive. Il che rappresenterebbe quel risultato convincente che Renzi spera di poter portare in autunno a Bruxelles. Del resto le opposizioni hanno scelto strade diverse: più dialogante quella di Sel e delle minoranze democratica e forzista, sempre rigida e oltranzista quella di 5 Stelle e Lega che tuttavia appaiono adesso più isolate. L’impressione è che tutti si siano resi conto del fallimento del tentativo di colpire direttamente il capo del governo con il cecchinaggio parlamentare: a questo punto la minoranza dem deve pensare ad altre strategie, ma anche la fronda azzurra ne esce ridimensionata. Quanto al fronte economico, il premier tra le righe ha chiarito i suoi obiettivi dell’autunno caldo: nessuna stangata, niente manovre correttive, ma anche realismo sui dati economici che sono oscillanti. Si va dal buon andamento dello spread (che comporta un grosso risparmio sugli interessi del debito pubblico) ai risultati non univoci dei vari settori economici e alla disoccupazione sempre pesante. Renzi osserva che la mancata crescita è un problema di tutta l’eurozona, mentre gli Stati Uniti crescono ben più dell’Ue. Tradotto ciò significa che l’austerità è una politica da archiviare e che i socialisti europei daranno battaglia ai conservatori su questa linea: non possiamo non dirci ”junckeriani” e ”draghiani”, spiega con una punta di sarcasmo il Rottamatore, ricordando gli impegni assunti dalle massime istituzioni europee nell’immettere grandi dosi di liquidità nel sistema a partire da settembre. Se qualcuno a Berlino pensava di averlo ammorbidito, la mossa di confermare ufficialmente la candidatura di Federica Mogherini a Mrs. Pesc deve averlo fatto ricredere. In definitiva da questo duplice fronte emerge rafforzato il patto del Nazareno. Renzi e Berlusconi si vedranno la settimana prossima per stringere i bulloni di un’intesa che ha retto abbastanza bene alla tempesta parlamentare, ma dovranno trovare un punto d’incontro sulla legge elettorale, il vero tema che resta ancora aperto. Il duetto dei suoi sul rischio delle elezioni anticipate in primavera (Maria Rosaria Rossi le pronostica, Paolo Romani le esclude) sembra fatto apposta per lanciare un messaggio implicito al capo del governo: il Cavaliere non può essere tagliato fuori dalla trattativa con Angelino Alfano, il più interessato all’apertura sulle preferenze, anzi dovrà in qualche modo guidarla in vista della ricostruzione del centrodestra. Altrimenti salta tutto. Il leader azzurro non controlla più forse il partito come una volta ma ha comunque dimostrato abilità manovriera nel gestire la guerra interna dei frondisti: l’Italicum resta lo strumento a sua disposizione per tenere sotto controllo i dissidenti. (di Pierfrancesco Frerè/ANSA)

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