E’ ancora recessione. Renzi, ora coraggio, invertire rotta

ROMA. – Una vera e propria gelata, peggiore di tutte le previsioni: l’Italia torna nella morsa della recessione, o meglio, di fatto, non ne è mai uscita. Il verdetto dell’Istat sull’andamento del Pil nel secondo trimestre parla chiaro: il prodotto non solo non cresce, ma cala ancora, dello 0,2%. Due trimestri consecutivi con il segno meno. Di nuovo ‘recessione tecnica’, la terza dall’inizio della grande crisi del 2008. E adesso serve “coraggio” per guardare in faccia la realtà senza “difese d’ufficio” e “invertire la rotta”, perché l’Italia, assicura il premier Matteo Renzi, ha tutte le carte per uscire dalla crisi, “ma deve cambiare”. E andare avanti a testa bassa sulle riforme, cui va dato nuovo sprint, come ha detto anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il premier a metà pomeriggio prende di petto il dato drammatico del Pil, che tocca il livello peggiore degli ultimi 14 anni, e con una lettera ai parlamentari di maggioranza inizia a dettagliare le linee su cui si muoverà l’azione di governo nei ‘Millegiorni’: dalle riforme istituzionali, all’istruzione, alla spending review (“è una scelta politica, non si può rinviare” ribadisce), passando per P.A. lavoro, fisco, giustizia, infrastrutture. “Dipende solo da noi invertire la rotta” incalza Renzi invitando a proseguire sulla via già tracciata con sempre “maggiore decisione”. Basta tentennamenti, frenate o ‘incidenti’, insomma. Puntando dritti all’obiettivo di portare il Paese fuori dal pantano e trasformarlo “nella guida, non nel problema” dell’Europa. Prima di lui lo stesso Padoan era intervenuto in tv per mandare un messaggio rassicurante alle famiglie: “Abbiate fiducia” ha detto, invitando gli italiani a spendere il bonus degli 80 euro (“un passaggio storico ma non ancora sufficiente” ha ammesso il premier) perché, ha assicurato, sarà permanente. E la manovra correttiva non servirà. La nuova frenata del Pil, nonostante l’iniezione di fiducia tentata dal governo, manda comunque a picco Piazza Affari, che brucia 12,8 miliardi di euro, e fa tornare in tensione lo spread, che risale sopra 170 punti. Ma preoccupa anche Bruxelles, perché il ritardo nella ripresa impatta inevitabilmente sulla finanza pubblica, nonostante il giudizio positivo sull’accelerazione delle riforme indicata da Padoan. A non ripartire, infatti, sono tutti i grandi comparti: agricoltura, industria (nonostante il dato positivo della produzione dello 0,9% dopo il tracollo di maggio) e servizi viaggiano tutti con il segno meno. E stavolta neppure il made in Italy sembra riuscire a dare una mano, visto che la “componente estera netta” dà “un contributo negativo”. E poi c’è l’apporto “nullo” della domanda interna. Niente effetto 80 euro, insomma, almeno per ora. Peraltro la nuova fase di recessione (un solo trimestre positivo, ha interrotto, a fine 2013, una scia di oltre due anni di segni meno) potrebbe non chiudersi rapidamente, visto anche il contesto di rallentamento generale (Germania compresa). La prospettiva quindi, come indicano anche gli analisti, potrebbe farsi ancora più fosca, con un intero 2014 a segno meno e una ripresa che potrebbe essere agganciata solo nel 2015. “Altro che crescita e ripresa. L’Italia è in piena recessione. Il vero gufo è Renzie”, tuona dal suo blog Beppe Grillo. E anche da Forza Italia, Renato Brunetta si chiede “ora come la mettiamo coi gufi?”, insistendo di nuovo perché il ministro dell’Economia vada a riferire in Aula (domani Padoan sarà alla Camera). Stessa richiesta che arriva dal Movimento Cinque Stelle per il Senato. E mentre i sindacati chiedono che si metta in campo a questo punto una vera politica industriale e che si punti sugli investimenti per far ripartire economia e occupazione (subito però perché sottolinea la Cgil, “mille giorni sono troppi”), dalla maggioranza il Nuovo Centrodestra rilancia sull’articolo 18: “Dobbiamo superarlo, proponiamo – dice Angelino Alfano – che nello Sblocca Italia non valga l’articolo 18 per i nuovi assunti”.  (Di Silvia Gasparetto/ANSA)