Ansia per due cooperanti italiane rapite in Siria

ROMA. – Ore d’ansia per la sorte di due giovani cooperanti italiane rapite in Siria, ad Aleppo, dove si trovavano dal 28 luglio per seguire progetti umanitari. Con loro potrebbe essere stata sequestrata una terza persona ma su questo non c’è alcuna notizia certa. La Farnesina, che ha subito attivato l’Unità di crisi, ha confermato “l’irreperibilità di due cittadine italiane” ma mantiene il massimo riserbo sulla vicenda e sull’identità delle volontarie. A quanto si apprende, si tratterebbe di Vanessa Marzullo di Brembate (Bergamo) e Greta Ramelli di Gavirate (Varese), di 21 e 20 anni, fondatrici del Progetto Horryaty – iniziativa di solidarietà per la Siria, che si occupa soprattutto di attività nel settore sanitario e idrico. Secondo alcune fonti locali, che per prime hanno dato la notizia del rapimento, le due giovani sarebbero state sequestrate da qualche giorno, forse rapite da uomini armati che avrebbero circondato nella notte la casa in cui vivevamo con due guardie della sicurezza, rapite ma poi rilasciate subito. Per altre fonti siriane, interpellate dall’ANSA, è “ancora presto” per dire se gli autori del rapimento delle due cooperanti in Siria siano criminali comuni o appartenenti a qualche milizia. “Ancora non si sa nulla – hanno aggiunto le fonti – ne’ sul tipo di sequestro ne’ sulla regione dove le due giovani sono tenute”. Sulla pagina Facebook di Greta, che è al terzo viaggio in Siria e ha alle spalle già diverse esperienze in missioni umanitarie in Africa, l’ultimo aggiornamento risale al 31 luglio: una foto di Aleppo devastata dai bombardamenti e un ragazzo con il kalashnikov e un giubbotto mimetico che guarda le macerie davanti a se’. Su quella di Vanessa, l’ultimo post è del 16 luglio. “Rosso, rosso come quel lettino, e sul lettino il corpicino martoriato della bambina di Aleppo le cui gambe sono state polverizzate da un’esplosione. Rosso come le macchie ormai incrostate sulle pareti e il pavimento, nell’angolo della stanza dove vi hanno torturati fino a farvi desiderare la morte, fino a farvi morire in maniera indicibile….”, ha scritto la volontaria che studia ‘Mediazione linguistica e culturale’ all’università di Milano e parla l’arabo. Sulla scomparsa delle due giovani il ministero degli Esteri ha attivato sin da subito l’Unità di crisi, l’intelligence e “tutti i canali informativi e di ricerca per i necessari accertamenti”. Le famiglie sono state informate e vengono tenute costantemente informate sugli sviluppi. “Non sentivo Vanessa e Greta da qualche giorno”, ha raccontato all’ANSA Roberto Andervill, terzo responsabile del progetto Horryaty, che a marzo era andato con loro per un sopralluogo nelle zone rurali di Idlib. Lì, raccontano i cooperanti su Facebook, si “era cercato di instaurare un primo rapporto con la popolazione locale, al fine di capire le vere necessità e visitare i luoghi coinvolti nel progetto”. “Durante questa missione – si legge – siamo stati sempre accompagnati e scortati da personale locale, con un alto grado di sicurezza”. Questa volta, le due cooperanti erano entrate in Siria passando per Atma, uno dei più grandi campi profughi, vicino al confine con la Turchia. Con Vanessa e Greta salgono a tre gli italiani rapiti in Siria: da luglio dello scorso anno non si hanno più notizie di padre Paolo Dall’Oglio, 59 anni, gesuita romano che ha lavorato nel Paese per trent’anni. In tutto il mondo ci sono altri tre italiani sequestrati: Giovanni Lo Porto, 38 anni, cooperante scomparso in Pakistan da due anni; Gianluca Salviato, 48 anni, impiegato, sequestrato in Libia a marzo; Marco Vallisa, tecnico rapito un mese fa sempre in Libia. (di Benedetta Guerrera/ANSA)

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