50 anni fa la morte di Togliatti, icona Pci del dopoguerra

ROMA. – “La mattina del 13 agosto 1964 Togliatti si sentiva affaticato, ma il pomeriggio volle andare lo stesso al campo dei pionieri di Artek. Ci andammo a piedi camminando per la pineta. Notai che era pallido, ma non mi parve in condizioni preoccupanti. Si sentì male durante lo spettacolo dei pionieri”. Così Nilde Jotti, la compagna di Togliatti, ricordava il momento in cui il leader indiscusso del comunismo italiano ebbe l’emorragia celebrale che di lì a qualche giorno lo avrebbe portato alla morte. In quei giorni di cinquant’anni fa Togliatti si trovava a Yalta, in Crimea, esclusiva località balneare dell’ Urss, ospite della dirigenza sovietica: restò tra la vita e la morte fino al 21 agosto, fu anche operato il 20, ma spirò il giorno dopo alle 13,30. Aveva 71 anni. La notizia della sua morte fece il giro del mondo e fu accolta con costernazione dal popolo comunista che il 25 agosto, il giorno del suo funerale, gli tributò un saluto di massa, come qualche anno dopo per Berlinguer . Bellissime foto in bianco e nero di grandi rotocalchi internazionali immortalarono volti sofferenti di persone semplici che portavano l’ultimo saluto al capo carismatico. Si calcola che un milione di persone accompagnarono in silenzio il feretro da Botteghe Oscure a piazza San Giovanni, luogo dei suoi comizi, che allora venivano definiti “oceanici” dalla stampa comunista. Renato Guttuso immortalò – nel celebre quadro di grande dimensioni “I funerali di Togliatti” – quel corteo e quella piazza. Scompariva del resto il simbolo stesso del comunismo italiano: “Il Migliore”, era stato il leader che aveva partecipato alla fondazione del partito comunista nel 1921 e che, dopo l’arresto di Gramsci, aveva guidato il Pci negli anni del fascismo con il nome di battaglia “compagno Ercoli”. Ma Togliatti era stato anche il leader capace, con la “svolta di Salerno” successiva all’8 settembre, di imporre al partito e ai militanti due bocconi indigesti come la rinuncia all’insurrezione armata e l’ alleanza con la monarchia per sconfiggere definitivamente il fascismo. Togliatti era partito il 9 agosto 1964 per la Russia assieme alla sua compagna Nilde Jotti e alla figlia adottiva Marisa Malagoli. Era andato a Mosca controvoglia: quel viaggio rappresentava per lui “un grosso sacrificio”, perché agosto era il mese delle sue tradizionali e agognate vacanze estive in montagna, a cui non aveva mai rinunciato. Togliatti aveva deciso di recarsi in Unione Sovietica per un motivo ben preciso: voleva incontrare Krusciov nell’ ultimo tentativo di scongiurare la rottura con il PC cinese e per convincerlo ad avere rapporti più democratici con gli altri partiti comunisti. Dopo quegli incontri, Togliatti andò a riposarsi in Crimea, dove scrisse il famoso memoriale che prese il nome della località dove morì. Il “Memoriale di Yalta” è il testamento politico di Togliatti, l’ultima fatica di uno dei migliori cervelli del movimento comunista, all’altezza di tutta una vita politica spesa tra fedeltà all’Unione Sovietica e volontà di inserire il Pci nelle istituzioni democratiche in nome di quella “via italiana al socialismo” che rifiutava (con il benestare dei leader sovietici, ovviamente) le scorciatoie rivoluzionarie. A 50 anni di distanza, il “Memoriale” rimane il documento fondamentale per capire sia la “diversità” del maggior partito comunista d’Occidente rispetto all’ortodossia comunista, sia l’evoluzione democratica del Pci berlingueriano. “La cosa peggiore – scriveva tra l’altro Togliatti – è di dare l’impressione che tutto vada sempre bene, mentre c’è la necessità di parlare di situazioni difficili e spiegarle”.  (di Corrado Sessa/ANSA)