Euro a picco in attesa delle decisioni della Bce

ROMA. – L’Italia è “il banco di prova” sul quale si giudicherà il futuro dell’Eurozona di fronte al rischio di sviluppare la malattia della deflazione come il Giappone. Il commento, del Financial Times, arriva fra gli allarmi di alcuni investitori, pronti a fuggire dalla ‘periferia’ dell’Eurozona, e con l’euro a picco sotto 1,33 dollari che segnala i rischi concreti di una deflazione e le attese crescenti per una Bce sempre più interventista. Proprio mentre emerge che due membri della Bank of England questo mese hanno votato a favore di un rialzo dei tassi, dando la misura di quanto la Gran Bretagna abbia staccato l’Eurozona in fatto di ripresa, e che negli Stati Uniti la Federal Reserve potrebbe ”uscire dalle misure di stimolo all’economia prima di quanto anticipato, se gli obiettivi sono raggiunti più velocemente”, come sottolineano i verbali della Fed della riunione di luglio. Nonostante la tregua estiva sui mercati, con lo spread ridisceso a 160 e il decennale italiano al minimo record del 2,56%, si rincorrono gli allarmi e gli avvertimenti degli investitori globali sul rischio-Eurozona, con l’Italia, in particolare ma non sola, stretta fra un debito record e un ritorno in recessione. Un decision-maker globale degli investimenti come Trevor Greetham, della Fidelity Worldwide Investments, proprio sulle colonne del Ft invita la comunità finanziaria a “vendere l’euro e la periferia, comprare la Germania”. Perché, avverte, la malattia dell’Eurozona promette di agitare il sonno della Bce e dell’Ue ancora a lungo in assenza di una vera unione politica. Per rilanciare la crescita ci vorrebbe “una pozione magica”: politica monetaria iper-espansiva come il Giappone, riforme strutturali serie, deroghe europee sui bilanci pubblici per creare domanda. Con un Pil tornato decisamente in negativo, l’esempio delle “tre frecce” del premier nipponico Shinzo Abe ha perso un po’ del suo fulgore. Ma lo spettro dei suoi due decenni “perduti” è sempre più evocato per descrivere le prospettive dell’Eurozona. John Plender, sul Ft, avverte che i rendimenti già artificialmente bassi dei titoli di Stato dell’Eurozona assomigliano pericolosamente agli albori della deflazione giapponese. E invita Renzi, che guida il Paese “banco di prova”, a tirar fuori riforme strutturali dell’economia davvero incisive, smettendo di puntare sulla Bce alla quale invece Roma e Parigi rivolgono appelli espliciti: è l’unica strada, avverte, se i Paesi più indebitati d’Europa vogliono scongiurare una ristrutturazine. Sul lancio di un ampio programma targato Bce di acquisto di titoli per stimolare un’inflazione ferma a 0,4%, sembrano invece scommettere i mercati, con il rendimento del bund sceso sotto l’1% questa settimana. Il presidente Mario Draghi, finora prudente nell’attesa che entrino a regime le misure lanciate a giugno, fa le valigie per Jackson Hole, il forum americano dove si confronterà con i suoi colleghi sullo scenario globale. Ma arrivano nuovi segnali che il programma ‘Tltro’ studiato per stimolare il credito alle piccole e medie imprese potrebbe deludere, causa l’attuale stagnazione economica. Secondo la Bloomberg le banche dell’Eurozona aderirebbero per soli 650 miliardi (contro i 1.000 massimi indicati dalla Bce). Per le maggiori banche italiane le indiscrezioni parlano di poco più di 50 miliardi (oltre 70 per l’intero sistema bancario). Un balsamo per le imprese allo stremo, ma forse troppo poco per rilanciare la crescita a impedire che l’inflazione, già nella soglia d’attenzione, diventi negativa.

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