La giornata politica: Renzi, il programma dei mille giorni

ROMA. – Con il ”programma dei mille giorni” Matteo Renzi si impegna in una doppia sfida: una italiana e l’altra europea. E in un certo senso, è quest’ultima la più impegnativa: la vittoriosa battaglia diplomatica sul nome di Federica Mogherini alla guida della politica estera Ue ha dimostrato, come dice Benedetto Della Vedova, che l’Italia conta negli equilibri politici di Bruxelles, ma adesso si tratta di fare altrettanto sulla politica economica. Non è un compito agevole. L’attivismo di Mario Draghi non sembra aver finora scalfito il muro di Berlino dell’austerity: tanto è vero che nel colloquio con Fran&Daggerois Hollande il presidente dell’Eurotower ha ribadito che la flessibilità si dovrà muovere all’interno dei confini delineati dal fiscal compact. I tempi non sono ancora maturi per un radicale cambio di strategia: dalla riunione della Bce di giovedì prossimo non si attendono manovre non convenzionali ma solo annunci e posizionamenti delle munizioni della banca centrale. E’ in questo scenario di incertezze, con la deflazione alle porte dell’Unione, che il Rottamatore parla di una Germania modello al quale ispirarsi e non di un nemico. Che cosa significa? L’impressione è che il premier voglia evitare il rischio di essere scambiato per un ammiratore dei piani quinquennali sovietici (accusa che giunge da Forza Italia) e di voler imboccare piuttosto la strada che ha portato i tedeschi a dimezzare la propria disoccupazione con la riforma del lavoro Hartz basata su flessibilità e minijobs. Il modello italiano, basato sulla riforma Poletti e sulla delega che Renzi si augura di varare entro l’anno, sarà naturalmente diverso, ma non sembra un caso che il premier – tra le righe del suo discorso sui mille giorni – abbia parlato di uno Statuto dei lavoratori da riscrivere, di una revisione generale degli ammortizzatori sociali e di un ampio consenso parlamentare attorno al contratto a tutele crescenti che dovrebbe rivoluzionare il nostro mercato del lavoro. Se le cose stanno davvero così (l’appoggio del Ncd e di Fi sembra scontato), è chiaro che la polemica sull’articolo 18 è superata nei fatti perché costituisce solo una piccola tessera di un puzzle assai più ampio che prevede anche – ricorda il sottosegretario Graziano Delrio – un nuovo sistema generale di protezione sociale (in Germania sono previsti sussidi di disoccupazione universali collegati a precisi vincoli per il reinserimento nel mondo del lavoro). L’obiettivo, spiega il Rottamatore, resta quello di imporre una nuova strategia economica all’Europa, ma all’interno della cornice dei patti sottoscritti. Si tratta di vedere se tutto ciò funzionerà: finora infatti nessuna economia avanzata, salvo quella giapponese, ha sperimentato le conseguenze della deflazione prolungata e le ricette sono tutte molto empiriche. Ma su un punto Renzi gioca la sua credibilità: fa sapere che lo ”stato d’avanzamento” del programma economico del governo potrà essere costantemente monitorato e verificato sui siti web aperti da palazzo Chigi. Una novità d’immagine che i suoi detrattori non avevano messo in preventivo. Per il momento il problema della successione alla Farnesina e di un eventuale minirimpasto resta sullo sfondo. La crisi ucraina e quella economica impongono un percorso a vista. Se ne è reso conto anche Silvio Berlusconi il quale fa trapelare segnali di sostanziale neutralità sulla politica economica in attesa degli eventi. Il leader azzurro preferisce il basso profilo e puntare su un rapido cammino delle riforme, compresa la legge elettorale: un successo su questo terreno è la condizione per restare in gioco come padre costituente e ”forza di riserva” della Repubblica. (di Pierfrancesco Frerè/ANSA)

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