Renzi non molla, scelte difficili ma no a lezioni dei tecnici

BOLOGNA. – Tortellini e asse anti-austerity dei nuovi laburisti europei, responsabilità “da far venire le vertigini” e appello all’unità del Pd “perchè in ballo non c’è il mio destino ma il paese”. Matteo Renzi chiude la festa dell’Unità, rafforzando le alleanze europee e provando a fermare, proponendo una segreteria unitaria, la marea montante di critiche interne. Ma c’è una parte a cui il premier non ha intenzione di tendere la mano, riaffermando il primato della politica: i tecnici “cresciuti all’ombra della I Repubblica che per 20 anni non hanno capito nè Berlusconi nè la crisi e ora ci criticano”. Non si sa se la ricetta anti-crisi di Renzi farà breccia tra i rigoristi europei. Certo, la camicia bianca del premier, tanto criticata da Giorgio Armani, è il simbolo stilistico della vicinanza di idee che accomuna i leader socialdemocratici ospiti dell’ultima giornata della Festa del Pd. Il primo ministro francese Manuel Valls, il leader Psoe Pedro Sanchez, il segretario Pse Achim Post ed il leader dei laburisti olandesi Diederik Samson stringono il “patto del tortellino”, un programma di 10 punti per una nuova Europa, allo storico stand di Bertoldo. E poi sfilano sul palco, applaudendo la determinazione del presidente del consiglio italiano. Renzi ricambia i complimenti, presenta Sanchez come il prossimo presidente del consiglio spagnolo. E si carica sulle spalle la responsabilità di “guidare il cambiamento in Europa” e il peso, non meno gravoso, di “attuarlo anche in Italia”. Nel comizio di chiusura della Festa, il premier non entra nel dettaglio della doppia battaglia: assicura che “vigilerà” sia sul piano di investimenti del presidente Jean Claude Juncker sia sul fatto che i soldi della Bce arrivino, tramite le banche, alle imprese. Per l’Italia elenca le riforme in cantiere e chiama ad una campagna “porta a porta” del Pd sulla riforma della scuola, che “l’1 settembre 2015 assorbirà i precari ma premierà anche il merito che è di sinistra perchè – dice -io sono per l’uguaglianza e non per l’egualitarismo”. Ma soprattutto vuole dare ai militanti e ai tanti dirigenti della minoranza in platea, da Bersani a Cuperlo, da Civati a Kienge, il senso della sfida e della determinazione del governo. “Ci dicono di prepararci ad un autunno caldo – ammette il premier – e io non voglio sottovalutare le difficoltà dell’Italia. Faremo scelte difficili, avremo il coraggio di rischiare e anche di chiedere scusa se sbagliamo ma nessuno può fermare il cambiamento”. Per quanto gli riguarda, garantisce, lui non molla “di un centimetro” ma sa che “da solo” non può farcela nè come segretario nè come premier. L’uomo solo al comando, come viene criticato Renzi dentro il Pd, tende una mano ai suoi. “Se ce tutti ce la mettiamo tutta non ce n’è per nessuno”, ripete per ben due volte sapendo che i “compagni” non tollerano più le divisioni interne. Un’apertura vera a Pierluigi Bersani, in platea, che ringrazia per essere tornato “grintoso dopo il coccolone”, e alla sinistra interna. Una apertura a cui si aggiunge l’omaggio a Giorgio Napolitano: “un grande italiano che ha sopportato una campagna indecente e indecorosa per essere stato costretto a dare una mano agli italiani ed aver chiesto di rendere il sistema capace di funzionare”. “Dobbiamo trovare il modo di stare insieme”, sostiene proponendo di aprire la nuova segreteria a tutte le aree. Una proposta che ha, però, due condizioni: nessun diritto di veto e nessuna rivincita sul congresso. “Se in questo partito qualcuno vuole la rivincita l’avrà nel novembre 2017, se vuole lavorare può farlo da domani mattina”, chiarisce. E l’invito, a quanto si apprende, è stato già accolto e giovedì, dopo 6 mesi, il Pd avrà la nuova segreteria nella quale entreranno anche il dalemiano Enzo Amendola e la bersaniana Micaela Campana. (dell’inviato Cristina Ferrulli/ANSA)