Kiev approva l’accordo con l’Unione Europea

MOSCA. – Kiev prova ad allontanarsi dalla sfera di influenza di Mosca. Il parlamento europeo e quello ucraino hanno ratificato simultaneamente e in collegamento video uno “storico” accordo di associazione e libero scambio che il Cremlino ha a lungo avversato con tutti i mezzi. Ma l’intesa – salutata dal presidente ucraino Petro Poroshenko come “un passo cruciale sulla via” per l’Europa – è per ora poco più di un traguardo simbolico per il governo ‘filo-occidentale’ di Kiev, visto che venerdì scorso, dopo un incontro trilaterale Ue-Ucraina-Russia, è stato deciso di rinviare al primo gennaio 2016 l’entrata in vigore della parte economica dell’accordo per venire incontro al Cremlino. Il Parlamento ucraino oggi ha anche approvato a porte chiuse due proposte di legge di Poroshenko per concedere uno ‘status speciale’ e maggiore autonomia ad alcuni distretti delle regioni separatiste del sud-est e per amnistiare &ndash a certe condizioni &ndash i miliziani filorussi che da cinque mesi combattono contro le truppe di Kiev e le milizie nazionaliste ucraine in un conflitto in cui finora, secondo l’Onu, hanno perso la vita circa 2.900 persone, in buona parte civili dell’est russofono, mentre almeno 630.000 sono state costrette a lasciare le proprie case. Malgrado la tregua che pur tra mille difficoltà sembra per ora tenere, in Ucraina il sangue continua a scorrere: solo a Donetsk e dintorni tra ieri e oggi i bombardamenti dell’artiglieria di Kiev sulla città occupata dai ribelli hanno ucciso almeno cinque civili, mentre nell’est hanno perso la vita altri tre soldati portando in tutto a 16 il numero dei militari governativi finora morti durante il fragile cessate-il-fuoco iniziato il 5 settembre. La Russia – che il governo ucraino e i suoi alleati occidentali accusano di armare i separatisti e sostenerli con propri soldati – si dice intanto preoccupata dalle esercitazioni delle truppe Usa e di altri 14 Paesi nell’ovest dell’Ucraina e risponde flettendo i muscoli e annuncia un rafforzamento militare nella penisola di Crimea che si è annessa a marzo. Ma a Mosca non va giù neanche la decisione di alcuni Paesi Nato di fornire armi a Kiev annunciata due giorni fa dallo stesso ministro della Difesa ucraino Valeri Gheletei e il presidente della Duma russa Serghiei Narishkin non ha esitato a denunciare il rischio “di una nuova guerra fredda”. Sul fronte interno appaiono intanto sempre più divise le forze politiche portate al potere dalla rivolta di Maidan sull’onda della caduta del presidente filorusso Viktor Ianukovich accusato di corruzione dalla piazza. Né il partito ultranazionalista Svoboda né Patria dell’ex ‘pasionaria’ della Rivoluzione arancione Iulia Timoshenko hanno infatti digerito l’apertura di Poroshenko verso i ribelli dell’est (parte dell’intesa per il cessate-il-fuoco) con un’amnistia – da cui restano comunque esclusi coloro che si sono macchiati dei “reati più gravi” – e uno ‘status speciale’ con maggiore autonomia per i governi locali che dovrebbero in teoria essere eletti in elezioni straordinarie il 7 dicembre. Al momento sembra in realtà improbabile che il governo ucraino riesca a organizzare delle elezioni nei territori in mano ai filorussi, e i separatisti per ora non hanno alcuna intenzione di scendere a patti con Kiev tanto che il vice premier dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, Andrei Purghin, ha subito messo le cose in chiaro ribadendo energicamente di non poter “accettare alcuna unione politica con l’Ucraina di oggi”. Del resto il Parlamento ha oggi approvato in seconda lettura anche una legge per epurare da certe professioni chi è ritenuto compromesso con il vecchio governo di Ianukovich. E il voto è stato tutt’altro che sereno, visto che solo al terzo tentativo la legge è stata approvata mentre un gruppo di manifestanti – tra cui molti attivisti di estrema destra – minacciava di intervenire e dare fuoco a una montagna di pneumatici se il provvedimento punitivo non fosse passato. Probabilmente gli stessi che più tardi davanti al parlamento hanno aggredito, quasi linciato e scaraventato in un cassonetto dell’immondizia Vitali Zhuravski, un deputato del partito delle Regioni del deposto Ianukovich.

 

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