Effetto Scozia galvanizza l’indipendentismo catalano

MADRID. – Nell’attesa dei risultati dello storico referendum in Scozia, la Spagna col fiato sospeso assiste alla difficile partita a scacchi fra il governo catalano e quello spagnolo sul referendum secessionista del 9 novembre, che arriva alle mosse finali dopo che il Parlamento catalano ha dato via libera alla legge che indice il referendum il 9 novembre e prevede di approvare in via definitiva oggi in sessione plenaria. L’esecutivo conservatore di Mariano Rajoy, per il quale tanto la consultazione legale in Scozia come quella illegale in Catalogna costituiscono “un siluro sulla linea di galleggiamento dell’Ue”, ha già pronta la risposta: impugnare alla Corte costituzionale la legge referendaria. Per questo – secondo fonti della Moncloa – ha fissato per sabato un Consiglio dei ministri straordinario per approvare il ricorso di incostituzionalità, che dovrà andare all’esame dell’alta corte nella prima seduta utile, martedì. Se accolto, come appare scontato, avrà l’effetto di sospendere con effetto immediato la legge referendaria. Ma non il decreto di convocazione alle urne, che il presidente catalano, Artur Mas, potrebbe firmare fra sabato e martedì, e al quale Madrid dovrà rispondere con un’altra impugnazione. In attesa che Mas faccia la prima mossa, l’esecutivo centrale ha quindi già pronta tutta la “artiglieria” legale per impedire il referendum indipendentista, incluso il ricorso – come estrema ratio – alla sospensione dell’autonomia, prevista dall’articolo 155 della Costituzione, e quello al Codice penale. Il procuratore generale dello Stato, Eduardo Torres-Dulce, ha riunito a Madrid i procuratori della Catalogna per coordinare un’azione comune nel caso le istituzioni catalane non rispettino la sospensione per incostituzionalità della legge referendaria e del decreto, convocando ugualmente il referendum. “Se in qualche ambito si continuasse nel negare l’effettività di un mandato legittimo e costituzionale, l’azione del Pubblico Ministero non potrebbe che essere l’imposizione della legalità, che in questo caso riguarderebbe il campo del Diritto penale”, ha assicurato Torres-Dulce. Il fronte ‘soberanista’ (CiU, Erc, Icv:EUiA e Cup, ai quali si sono uniti due socialisti) che ha votato per un referendum “con tutte le garanzie legali”, rappresenta il 65,9% della Camera catalana  e auspica che, nonostante il divieto di Madrid, la mediazione all’estero possa favorire il successo della rivendicazione catalana. Una prospettiva considerata remota dalla maggioranza degli analisti. L’Erc ha ribadito che i secessionisti repubblicani andranno comunque alle urne, per “rispettare il patto solenne” con l’indipendentismo, dopo la nuova dimostrazione di forza l’11 settembre, la Diada di Barcellona. Ma il president Artur Mas (CiU), contrario a una consultazione illegale, difficilmente arriverà a uno strappo con lo Stato, che provocherebbe la più grave crisi istituzionale della Spagna democratica. Dopo aver lasciato cadere l’offerta del leader di Erc, Oriol Junquera, a entrare nella Generalitat per “blindare il referendum”, ha aperto la strada a elezioni anticipate. ‘Seyneras’, le bandiere catalane, sventolano davanti al Parlamento di Edimburgo e una scozzese è stata issata sul municipio di San Sebastian, nei Paesi Baschi. Vari leader di partiti nazionalisti spagnoli hanno dichiarato “invidia” per la Scozia. Qualunque ne sia il risultato, il popolo catalano non resterà alla finestra. E prepara, attraverso le reti sociali, mobilitazioni in strada per il prossimo weekend e per il giorno in cui la Corte costituzionale casserà il referendum. (Paola Del Vecchio/Ansa)

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